Corriere – Una storia vera

L’auto grigia si ferma nel parcheggio situato poco distante dalla fermata della corriera. Un luogo ben curato, con tanto di aiuole, panchine, statue e fontanelle perfettamente funzionanti. Tutto è predisposto ad ospitare al meglio i veicoli dei pendolari costretti a lasciarli abbandonati e incustoditi per lunghe ore. Di sera, il posteggio, completamente gratuito, è addirittura sorvegliato. In ogni caso sicuro e ben illuminato.
L’uomo scende dall’auto stancamente: è ancora mattino presto, l’aria fresca e frizzante sulla pelle. In alto, il cielo si sta or ora rischiarando ma lascia già intravedere i primi raggi di un sole gioioso.
Si stiracchia la schiena, con calma, e osserva in direzione della fermata: la corriera è già arrivata e sosta, borbottando appena, a margine della strada.
L’uomo decide quindi di accelerare i tempi: si infila il cappotto, afferra la propria ventiquattrore e, dopo aver chiuso l’auto, si avvia verso il grande veicolo grigio e verde dagli ampi vetri opacizzati.
L’hostess lo attende a terra, bionda, carina, impeccabile nella sua uniforme. Sorride nell’accogliere l’ospite appena giunto.
– Buongiorno, signor Piccioni! Attendevamo proprio lei!
L’uomo sorride e le accarezza il bel volto, un semplice gesto d’affetto frutto di anni e anni di assidua fiducia a quella rinomata linea di trasporti. Sonia deve avere sì e no venticinque anni, giovane e solare, un vero toccasana per tutti coloro che, come il signor Piccioni, vivono la dura e desolante vita del pendolare.
Una volta salito a bordo l’uomo saluta l’autista con una cordiale stretta di mano: il caro vecchio Alfredo, come ogni mattina, è al suo posto, sorridente e ben disposto verso ognuno dei suoi passeggeri. Non che sia vecchio, ovvio, ma ormai sono anni che guida quella corsa a quell’ora del mattino, una sorta di rassicurante costante per gli aficionados della corriera.
– Buongiorno, signor Piccioni! Come va oggi?
– Buongiorno! Oh, non mi lamento e spero proprio che sia una splendida giornata! Così come mi auguro sia per te, caro Alfredo: e smettila di darmi del lei! Dopo costì tanti anni…
Una pacca sulla spalla, Alfredo sorride, poi l’uomo prosegue nell’ampio corridoio del veicolo. Avanza su di una soffice moquette verde, pulita e sgombera, in tinta con la colorazione grigio verde che si ripropone all’interno del veicolo e sui sedili. L’aria profuma di fresco e pulito.
Giusto pochi passi e un’altra ragazza, l’hostess addetta alla reception e al controllo passeggeri, lo accoglie. Sorride, un raggio di sole che illumina la giornata.
– Buongiorno, Lucia!
– Buongiorno a lei, signor Piccioni. É sempre un piacere averla a bordo. La prego, dia a me il suo cappotto e si accomodi pure al suo solito posto, vicino al finestrino.
É da un po’ che l’uomo viaggia con quella compagnia e, nonostante sia più cara rispetto ad altre, il signor Piccioni ritiene a buon diritto che si tratti di soldi ben spesi. Non che le altre compagnie si dimostrino peggiori in termini di servizi offerti – bene o male si assomigliavano tutte, la differenza era minima – ma l’atmosfera che si respirava a bordo era ottima a dir poco.
Poco dopo, giunto al proprio posto, una sorta di divanetto ampio e comodo a fianco del finestrino, l’uomo appoggia la propria valigetta nell’apposito armadietto a disposizione degli abbonati. Quindi si accomoda: non sembra nemmeno che la corriera si stia muovendo tanto è silenziosa e priva di vibrazioni.
Sono trascorsi circa dieci minuti dall’inizio del viaggio quando l’uomo decide che è l’ora del cappuccino. Premendo delicatamente il pulsante per contattare l’hostess si mette quindi in comunicazione con il personale di bordo.
– Sono Lucia, come posso aiutarla signor Piccioni?
– Ciao Lucia! Ecco, una tazza di cappuccino ora come ora non mi spiacerebbe affatto…
– Ma certo! Gliela porto subito. Gradisce anche qualcosa da mangiare assieme? Un croissant? O forse un krapfen alla crema?
L’uomo ci pensa un istante, giusto il tempo di confrontare mentalmente le due differenti tipologie di paste e poi comunica la propria scelta.
– Vada per il krapfen oggi!
– Ottima scelta! Mi dia un paio di minuti e sono da lei!
– Perfetto! Grazie Lucia!
Spostando il dito dal pulsante del citofono, il signor Piccioni interrompe la comunicazione e riprende ad osservare fuori dal finestrino. Il mondo scorre via veloce ai margini della strada: cartelloni pubblicitari, alberi, automobili, edifici antichi e nuovi, studenti che si dirigono a scuola…
Ogni giorno il medesimo paesaggio ma al contempo con qualche particolare differente, una sfumatura appena a renderlo sempre nuovo e interessante.
Accanto alla corriera, l’uomo scorge un’auto blu metallizzata affiancare e superare il veicolo per poi accelerare ancora: probabilmente qualcuno che si è preso in ritardo per andare al lavoro. Di solito – si ritrova a pensare – accade sempre a coloro che hanno meno strada da coprire, a quelli che abitano a poche centinaia di passi dalla scuola o dal luogo di lavoro. E ora che ci pensa, scopre di non essere mai stato tanto fortunato in tal senso. Sin da piccolo la sua vita è stata un costante viaggiare da casa a scuola prima, da casa all’università poi e, ora, da casa al lavoro nella Grande Città.
La corriera ora sta rallentando leggermente: una fermata in vista. E, come era accaduto per lui, le hostess vanno ad accogliere il nuovo arrivato, un semplice saluto ed un caloroso sorriso a rendere più umano e accettabile il lungo tragitto verso il luogo di lavoro. Il nuovo arrivato sale, saluta e si dirige verso uno dei tanti posti ancora liberi. Il signor Piccioni lo osserva per un poco, mentre appoggia sul comodo sedile il cappotto in pelle e successivamente, dalla valigetta che ha con sé, estrae un portatile Toshony. Un giorno, pensa tra sé e sé, forse sarà bene acquistarne uno di quei cosi.
Ma il dolce aroma di cappuccino e l’inebriante profumo di Lucia lo destano dalle sue riflessioni. La giovane donna appoggia il vassoio con la tazzina ed il krapfen sul vano posto dinnanzi al passeggero. Vicino alla pasta dal dolce cuore di crema, il signor Piccioni nota allora un piccolo libricino. Sorpreso, lo prende tra le mani e ne osserva la copertina, lasciando che le dita scivolino sulla sua superficie ruvida e colorata.
– “Corriere – una storia vera” ?
– Già.
Le risponde l’hostess, osservandolo dritto negli occhi.
– Ho pensato che le andasse di leggere qualcosa di diverso dal solito quotidiano. Visto che da poco la nostra compagnia ha stipulato degli accordi con una casa editrice della zona per promuovere le opere di giovani talenti ho pensato di proporle proprio una delle novità che ci hanno fornito in questi giorni.
– Interessante…
Mormora l’uomo mentre divora rapidamente le note sul retro di copertina, giusto per farsi un’idea del libro che tiene tra le mani. Poi torna ad osservare gli splendidi occhi verdi dell’hostess.
– Ti ringrazio, Lucia! E trovo anche che sia un’ottima idea questa dei libri: in fondo, me ne starò qui per tre quarti d’ora buoni e non posso mica ascoltare musica o leggere notizie economiche per tutto il tempo, no?
– Mi fa piacere che questa nostra proposta le sia piaciuta!
Con la coda dell’occhio, la ragazza si accorge che un altro passeggero la sta chiamando.
– Mi scusi, signor Piccioni…
– Oh, figurati, figurati. Grazie ancora per il libro!
Non appena l’hostess lo lascia solo, l’uomo inizia la lettura del libro consigliato, di tanto in tanto piluccando dal krapfen o sorseggiando un po’ del delizioso cappuccino ancora caldo. “Interessante”, pensa mentre inizia ad addentrarsi nelle pagine del romanzo di un giovane autore veneto.
Voracemente l’uomo prosegue con la lettura del libro, sempre più coinvolto, sempre più drammaticamente colpito da ciò che sta leggendo. La fantascienza è un genere che da sempre lo appassiona: molti sono i libri, i fumetti e i film che ha divorato nel corso degli anni. Ma quel libro ha qualcosa di diverso, un modo di rappresentare la realtà capace di trasmettere angoscia nel cuore di chi, come il signor Piccioni, sa cosa significa essere un pendolare. Si tratta, ovviamente, di finzione, di eventi non reali: l’uomo se lo ripete mentre continua a scorrere le parole che compongono la storia.
Ma ugualmente non può che rimanere colpito dai paradossi che quel libro è in grado di fargli vedere, immagini stravolte di quello che è il suo vivere quotidiano.
Deglutendo l’ultimo sorso di cappuccino – ottimo peraltro, con tanto di spolverata di cacao al di sopra della densa schiuma al latte – osserva nuovamente il mondo che scorre di fuori, al di là del finestrino. Quindi si concentra sulla corriera sulla quale sta viaggiando, sui particolari, sulle pieghe nelle uniformi delle giovani hostess, sui colori del tessuto che riveste ciascuno dei posti a sedere numerati, sulle luci al neon del soffitto, infine osservando lo spazio libero a disposizione di ciascun passeggero, il corridoio sgombero e pulito.
Scuotendo la testa torna a concentrarsi sul libro che Lucia gli ha segnalato.
Ed al momento di scendere, quasi un’ora dopo, quando i passeggeri sfilano attraverso l’ampio corridoio, eventualmente recuperando il cappotto consegnato alla reception, il signor Piccioni rende il libricino alla dolce Lucia.
– Le è piaciuto?
Chiede curiosa, scostandosi una ciocca dei lunghi capelli neri.
– Altro ché se mi è piaciuto! L’ho trovato davvero ben scritto, angosciante al punto giusto. A mio avviso, l’autore è molto bravo e merita di avere il successo che spera.
– Già, lo penso anche io: ha scritto un’opera fantastica! A tratti sembra quasi che l’abbia vissuta. La realtà che descrive, intendo, sembra quasi che per lui sia reale cioè.
Il signor Piccioni sorride.
– Ma non lo è! Sarebbe un incubo allucinante, non trovi?
– In effetti…
– Ad ogni modo, grazie e buona giornata Lucia!
– Anche a lei signor Piccioni!
Quindi l’uomo prosegue, saluta Alfredo e poi Sonia. Percorre giusto qualche passo per poi fermarsi e voltarsi indietro, solo il tempo per scattare una fotografia mentale alla corriera che l’ha portato nella Grande Città. Quasi ad avere conferma che tutto sia reale e che quanto letto durante il viaggio sia solo il frutto di una mente fantasiosa, magari perversa, ma capace di ipotizzare scenari assurdi e irrealizzabili.
Torna quindi a volgere i propri passi e la propria attenzione alla strada che ancora lo separa dal proprio ufficio, mentalmente ripetendosi alcuni dei passaggi letti in corriera:

…12 dicembre 20XX…

Anche oggi mi sono svegliato in ritardo ma se mi sbrigo forse ce la posso fare. Salterò la colazione, ecco: la recupererò poi…
Dannazione! Il passaggio a livello è chiuso! Maledetto bastardo! Ma chi diamine ha stabilito di metterlo là, a congestionare tutto quanto?
Come se non bastasse la pioggia: ma li volete controllare o no quei merdosissimo rubinetti del cielo? Non ce la farò! Cazzo! Se là davanti non si muovono non ce la farò! Per fortuna la corriera non è ancora arrivata…

…ce l’ho fatta: maledette sbarre ferroviarie. Ho lasciato l’auto vicino ai cassonetti, nella melma della solita stradina, quella che si allaga quando piove. E oggi piove, tra l’altro! Ma almeno, dai, non ho perso la corriera.

…le 7.37: ma dove cavolo è finita? Doveva esser qui più di un quarto d’ora fa….

…le 7.46: eccola!
Ma la mia speranza – quella di salire a bordo e di non arrivare troppo tardi al lavoro – si tramuta presto in sconforto: è piena! Ma porco cazzo! Come cavolo fa ad essere così piena? Ma non possono prenderne una più grande? Persino i profughi viaggiano meglio!
La corriera si ferma a poche decine di centimetri da me: sono costretto a piegare l’ombrello per proteggermi dagli schizzi. Di conseguenza la pioggia che giunge dal cielo è mia di diritto. Casomai non fossi bagnato a sufficienza! Una tettoia a protezione dei pendolari evidentemente è chiedere troppo.
Le porte si aprono pigramente: più o meno ci impiegano il tempo che avrei nel correre la maratona di New York. Ma siamo sicuri che questa carretta abbia passato le revisioni? Meglio non saperlo, va…e intanto piove…

…7.47: mi appresto a salire. Ho chiuso l’ombrello e reggo nella stessa mano anche la mia valigetta. Con la sinistra cerco di spingere avanti gli altri disperati: se non ce la faccio corro il rischio di rimanere a terra. “Forzaaa!”: è il conducente. Soffoco le imprecazioni e le idee sadiche e crudeli che mi passano per la testa e lentamente avanzo. Una gamba e metà del corpo sono a bordo. Ora si tratta solo di issare il resto e di trattenere il respiro.
Le porte iniziano a chiudersi mentre ancora sto manovrando: sono straordinariamente rapide ora. Maledetto bastardo! Vedrai dove ti ficco questo ombrello, vedrai. Ma le mie minacce al conducente rimangono inespresse: sono impegnato a sopravvivere.
Ancora uno sforzo mentre davanti a me i miei compagni di sventure si accalcano concedendomi qualche altro centimetro quadrato di vita. Non mi parlano ma nei loro occhi scorgo tacita compassione. Siamo come bestie. Ma almeno loro poi vanno al macello, noi andiamo in ufficio, a scuola, o a sostenere qualche esame. Come se non fossimo una risorsa importante per il futuro del Paese…

…7.53. Non dovevo…ho guardato l’ora e adesso me ne pento. A stento riesco a respirare, spappolato contro il vetro della porta che da sull’esterno. Se c’era un limite di persone a bordo, dev’esser stato superato di qualche decina di unità. Il braccio sinistro ormai non mi appartiene più, praticamente conficcato in mezzo alla massa che mi precede lungo l’angusto corridoio della corriera…spero che arrivare preso alla Grande Città…

 

Data di creazione: 06 maggio 2007
Ultima modifica: 24 febbraio 2021

Nota:

Questo testo nasce in seguito a qualche mese di esperienza di viaggio con le corriere. Certo, anche al liceo andavo in corriera, ma le condizioni di viaggio nelle tratte Trebaseleghe – Padova o Noale – Padova mi hanno fatto scoprire nuove dimensioni di vita e dignità. Certo, quella che ho descritto nei passaggi tratti dal romanzo letto dal mio quasi omonimo sono esagerazioni ma, ve l’assicuro, sono stati assai e assai i viaggi in piedi, simpaticamente pigiato contro una moltitudine di altri “poracci” come me. Per non parlare dei tempi di viaggio non propriamente uguali a quelli indicati. Alle volte ci ho impiegato anche 2 ore per tornare a casa da Padova. Ma in questo caso, a dire il vero, la colpa ricade anche sugli illuminati pianificatori stradali o sulla mania italiana di fare e rifare i lavori sulle strade sempre nei periodi sbagliati.
Ad ogni modo, spero che il mio testo sia piaciuto e che abbia dato per quanto poco una stravagante diapositiva della situazione dei trasporti pubblici italiani. Alla faccia dei discorsi di certi mega – industriali e politici nostrani.

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