Giornate X: Alle poste

Il vecchietto se ne stava allo sportello da così tanto tempo che ormai lo si poteva considerare parte dell’arredamento e dell’ufficio postale.
Dietro di lui, ad attendere il proprio turno, un altro settantenne. Infine, sarebbe stato il turno dell’uomo tarchiato che continuava a sbuffare nervosamente. Quando era entrato, circa trenta minuti prima, di certo non si aspettava di perdere così tanto tempo solo per pagare due bollette.
Davanti a lui, in coda c’erano soltanto due vecchietti.
Pochi minuti, e sarò fuori di qui, si era detto.
Sfortunatamente c’era solo uno sportello aperto e quindi bisognava pazientare un poco.
Un poco, certo…. ma non ore!!
Il primo vecchietto c’aveva impiegato qualcosa come quindici minuti prima di liberare il posto mentre quest’altro sembrava intenzionato a voler trascorrere gli ultimi anni della propria vita in compagnia dell’addetto postale.
A intervalli regolari lanciava un’occhiata all’orologio appeso alla parete. E mano a mano che il tempo trascorreva e lui diveniva sempre più impaziente e nervoso.
Tanto più che non poteva accendersi nemmeno un sigaro e nessuno degli altri impiegati sembrava intenzionato ad aprire uno sportello soltanto per lui.
Cosa stessero facendo sembrava avere la priorità assoluta su tutto.
Quanto li odio …
Si impose di rimanere calmo e di pazientare ancora un poco. Cercò addirittura di considerarla una sorta di sessione di allenamento, una mera illusione solida come quella della Stanza del Pericolo.
Ma ugualmente il tempo seguitava a trascorrere e lui a rimanere incollato al suo posto, in attesa del proprio turno.
Prima o poi quel vecchio finirà, prenderà la sua cazzo di pensione e se ne andrà altrove. Cazzo!
Guardando l’orologio si rese conto che erano ormai venti minuti che attendeva.
Ma ne trascorsero ben altri, preziosissimi minuti strappati alla propria vita.
Di certo questo non era un problema per un tipo longevo come lo era lui, ma ugualmente trovava tutto ciò umiliante e stressante.
E solo per pagare qualche stupida bolletta.
Qualche istante dopo, mentre era intento a sbirciare gli impiegati dietro il vetro che separava i clienti come lui dagli addetti ai lavori posti a contatto con la grande macchina delle poste e delle bollette statali, una sbirciatina indagatrice per verificare se qualche cambiamento poteva davvero verificarsi oppure no, un uomo si pose in coda dietro di lui.
Un tizio per bene, in giacca e cravatta scuri su di una camicia bianca immacolata.
Aveva provato anche a protestare, chiedendo che si muovessero lì allo sportello con il risultato di inimicarsi il vecchietto che, voltandosi verso di lui, praticamente l’aveva prima fulminato con lo sguardo e poi mandato a quel paese.
Ma nonostante questo, nuovamente si era imposto di stare calmo e di non arrabbiarsi: non ne valeva la pena.
Dopotutto, era una persona civile e non una bestia. Anche se di certo in più di un’occasione aveva dimostrato tutto l’opposto.
Trascorsero altri minuti mentre il vecchietto e l’impiegata continuavano a dialogare di chissà cosa.
“E allora, ci diamo una mossa o devo morire di vecchiaia qui in coda?” sbraitò esasperato verso di loro.
Nuovamente l’occhiataccia del vecchietto mentre lui seguitava a sbuffare, quasi ringhiando, visibilmente spazientito.
“Certa gente non ha proprio pazienza …” esclamò l’anziano signore “ecco, ho finito. Bastava aspettare un attimo! Le consiglio di imparare un po’ di educazione e di rispetto per chi ha più anni di lei, giovanotto”
“Certo, certo” disse lui, ironico e incazzato, mentre avanzava verso lo sportello trattenendo a stento la furia che covava dentro.
Mancavano ancora un paio di passi quando l’altro tizio, quello in coda dietro di lui, cercò di superarlo fiondandosi verso l’impiegata.
“Se non le dispiace, visto che ha solo un paio di bollette … faccio in un attimo: devo chiedere solo una cosa …” gli disse sorridente mentre lo superava in velocità.
Snikt!
Solo un fugace rumore metallico e un unico movimento, rapido come quello di un felino: tre artigli di adamantino erano spuntati dalla mano destra dell’uomo che ora stava bloccando, e al contempo minacciando, il tizio (non più sorridente) in giacca e cravatta.
“E invece mi dispiace eccome!” disse glaciale puntando gli artigli direttamente verso di lui.
Balbettando per la paura, questi si arrese e indietreggiò: “c-c-certo…p-prego… dopotutto è il suo…” deglutì mentre gli occhi incrociavano quelli dell’altro “… è il suo turno… p-prego..”
E accompagnò le parole con rapidi gesti della mano invitandolo ad accostarsi allo sportello.
“Grazie!” rispose l’altro, un tipo tozzo e muscoloso con dei lunghi basettoni scuri ai lati del viso e capelli neri leggermente volti all’insù.
Ancora con gli artigli estratti, a sottintendere che la sua pazienza era definitivamente esaurita, appoggiò le bollette sul bancone dello sportello.
L’impiegata. letteralmente pietrificata dalla paura, continuava a fissare ora l’uomo ora i suoi artigli.
“Se non le dispiace” disse lui, furibondo a causa della lunga attesa “avrei un po’ di fretta … ”

wolverine
Wolverine

Note:  Il racconto in questione fa parte di una raccolta di episodi che ho deciso di scrivere provando a calare alcuni ben noti personaggi del fumetto e (purtroppo oserei dire visto i film che hanno realizzato su di loro) del cinema. Si tratta di un testo demenziale e al contempo un omaggio a dei personaggi che per molti anni ho seguito appassionatamente sulle pagine dei fumetti Marvel. Quelli che ho scelto non sono esattamente i miei preferiti ma semplicemente quelli che più si prestavano a quello che avevo in mente di fare. Chissà, magari un giorno aggiungerò altri episodi, magari su Gambit e Onslaught…staremo a vedere. Nel frattempo, vi auguro buona lettura e spero che le situazioni che ho ricreato almeno un po’ possano farvi sorridere!

Data di creazione : 13 giugno 2006

Ultima modifica : 21 ottobre 2013

Racconto pubblicato sulle pagine dei seguenti portali web :

  • www.racconti.it

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