Insegnamenti mediatici

Introduzione

Questo testo nasce in data 3 gennaio 2005.
E’ riferito ai fatti relativi allo tsunami che il 26 dicembre 2004 si è abbattuto sulle coste dell’Asia Sud-Orientale causando migliaia e migliaia di morti (solo in Indonesia si parlava di 150.000 vittime).
Tale cataclisma ha devastato vari Stati, quali Indonesia, Sri Lanka, Thailandia, India…
E oltre alle vittime “locali” sono stati contati numerosi turisti europei morti o dispersi.
Per giorni non si è fatto altro che parlare di questo tragico e drammatico evento: la macchina della solidarietà umana, come si dice in questi casi, si è messa in moto e ognuno ha contribuito a dare una mano.
E per giorni non si è parlato di null’altro se non di questa catastrofe.
A distanza di qualche mese, nessuno dice più nulla: come procede l’attività di ricostruzione, quanti soldi sono necessari per ricostruire quei Paesi, a quanto ammonta veramente il numero delle vittime, se c’è bisogno di aiuto…
Ma soprattutto, cos’abbiamo imparato da un simile catastrofe?
Certo, tsunami da noi non si verificheranno certamente, ma eruzioni vulcaniche (vedi il dormiente Vesuvio e i simpatici reperti di Ercolano e Pompei) e terremoti forse un giorno sì.

INSEGNAMENTI MEDIATICI

Niente accade per caso.
Dico sul serio.
Da ogni cosa si può trarre insegnamento.
Alcuni, quando parlo così, scherzano e mi danno del filosofo.
In realtà, sono solo un ingenuo che crede nella vita.

Non si parla di tragedia: si contano i morti e, in televisione, si replicano immagini di distruzione.
Lo tsunami è ormai diventato un mostro, una divinità malefica che si diverte a divorare e annientare.
E mentre si contano le vittime del disastro, mentre si documenta l’entità dei danni, mentre impietosamente scorrono le immagini di coloro che hanno perso tutto, mentre si fa a gara per accaparrarsi l’ultimo scoop ci si dimentica di imparare dall’accaduto.

Mi spiace per le vittime, dico sul serio, ma forse c’è dell’altro in tutta questa devastazione.
Il numero delle vittime, in fondo, non è dissimile dal bilancio della recente guerra in Iraq, ma in quest’altro caso non si parla di solidarietà e nemmeno si raccolgono testimonianze di calciatori in vacanza.
Che poi, all’inizio, ascoltando i telegiornali che riportavano la notizia, non capivo bene quale fosse la vera tragedia: gli asiatici, con le loro decine di migliaia di morti, con la devastazione delle loro terre e la perdita di tutto ciò avevano costruito negli ultimi anni, oppure i turisti europei morti o dispersi mentre si godevano le vacanze oppure – cosa ben più grave! – i giocatori di calcio ancora dispersi sugli atolli.
Oppure, pensavo, forse la vera tragedia era la perdita di un paradiso tropicale, la meta preferita per le vacanze estive, la meta preferita del turismo sessuale.
Nemmeno mi era venuto in mente che, trattandosi di zone del Terzo Mondo, forse la vera tragedia era costituita dalla difficoltà di affrontare le conseguenze di una simile catastrofe con mezzi propri…
Subito, di fronte alla disperazione, di fronte alle immagini di devastazione, alle lacrime di chi ha perso i propri cari, si è messa in moto la grande macchina della solidarietà mondiale.
Macchina, come se tutto fosse una questione di metalli e di ingranaggi: detto così, sembra che all’opera ci sia una sorta di industria della solidarietà, un’azienda o qualcosa di simile che opera secondo la legge della domanda e dell’offerta.
E allora si parla di spedire sms di solidarietà, sms di beneficenza dal costo di un euro o giù di lì: un piccolo contributo per aiutare chi soffre.
Questa è la solidarietà, un sentimento prostituito alle circostanze, uno slancio che dovrebbe essere naturale e banalmente ovvio nei confronti di tutti, ogni giorno, in ogni circostanza e che invece viene distorto e convertito al servizio delle grandi tragedie.
Manda un messaggio per aiutare un bambino indonesiano!
Eppure quello stesso giorno, eri indifferente a quel barbone che dormiva sulla panchina nei pressi della stazione…forse…nemmeno respirava..
Ma la cosa davvero comica è che la macchina della solidarietà si è mossa lentamente se paragonata alla velocità con cui sono partiti i bombardamenti di Afghanistan e Iraq.
Eppure, cinicamente e crudelmente è vero, sempre di soldi si sta parlando.
In qualche modo la solidarietà è tornata di moda ed erano i grandi colossi dell’economia, le grandi marche del mercato a chiedere alla gente comune di contribuire, di aiutare.
Gli stessi colossi che creano falsi bisogni e ti inducono a comprare cose di cui non hai bisogno tacendo eventuali effetti collaterali che potrebbero portarti alla tomba.
Non dovrebbe invece essere più facile intervenire direttamente?
Per loro intendo.
E il nostro Stato, il nostro governo, che figura ha fatto di fronte ad una simile tragedia? Che figura hanno fatto i governi delle grandi potenze mondiali, così intenti a investire nel mercato della guerra, così decisi a spendere per poter governare il traffico di combustibile, che figura hanno fatto di fronte ad una simile catastrofe?
Abbiamo speso troppo in cose inutili.
Abbiamo investito nei prodotti sbagliati e ora siamo in mutande: nemmeno il coraggio di ammetterlo.
In fondo, è lo stesso discorso di prima: c’è così poca attenzione per gli ultimi di casa nostra che sarebbe davvero ridicolo se fossimo attenti ai problemi di chi abita dall’altra parte del mondo.
E tuttavia, per giorni e giorni, in televisione non si parla di nient’altro che di tsunami, di tragedie e di pianto.
Null’altro esiste.
Io mi chiedevo se, nel frattempo, il mondo non descritto davvero esistesse, magari di nascosto.
Per giorni mi son chiesto dove fossero i nostri politici che ogni giorno, di solito, se la godono a dar fiato alla bocca, dove fossero i nostri vip impegnati in questo o quell’altro film, dove fosse finito il mondo del calcio con i suoi ingaggi miliardari, dove fossero finite la faide malavitose o il montepremi del super-enalotto…
Tutto scomparso: lo tsunami era diventato l’evento mediatico del momento, il nostro carnevale di inizio anno.

Personalmente poi, con tutto il dovuto rispetto per coloro che l’hanno vissuto sulla loro pelle perdendo la vita oppure familiari e amici, penso che qualche immagine di pianto e distruzione in meno e qualche riflessione costruttiva in più avrebbe aiutato maggiormente.
Personalmente, penso che alcune morti si sarebbero potute evitare.
Certo, l’evento è stato di una potenza inaudita, inaspettato e devastante, ma non va dimenticato che si è verificato nei Paesi del Terzo Mondo.
La cultura e i mezzi per difendersi dalla lotta del mare contro la terra evidentemente erano scarsi. Forse, con meno povertà e più lungimiranza tante morti si sarebbero potute evitare.
Guarda al Giappone, e agli ultimi ritrovati che ha adottato per difendersi dai maremoti che, guarda caso, si chiamano tsunami.
Oppure alle ricerche attivate negli USA contro i tornado.
Magari, anziché lasciare interi continenti nella miseria più totale, magari investendoci un po’ di più, alcune morti si sarebbero potute evitare.
Ma tant’è…di Terzo Mondo stiamo parlando…e forse di loro non importa a nessuno.
O forse no? Forse ora qualcosa cambierà.
Se i soldi per risollevarsi non li avevano, qualcuno deve pur averglieli dati o prestati, giusto?
E un prestito, si paga con gli interessi, di solito.
Soprattutto, c’è tutto l’interesse per rendere di nuovo disponibili le preziose e ambite mete del turismo occidentale.
E del turismo sessuale, non dimentichiamocene: non se ne parla volentieri, come della pedofilia o del caso Parmalat, Cirio ecc, però c’è ancora molta gente coinvolta e molta gente da aiutare.
Ma di questo non si deve parlare, perciò silenzio, ssht!

Concludendo, anche se a scuola mi dicevano sempre che non si deve scrivere “Concludendo” , come del resto mi si insegnava ad essere buono e gentile con tutti, a non rubare e a non dire bugie, io non lo so cosa insegnerà al mondo, ma lo tsunami una cosa l’ha portata.
Non la paura della morte.
Non il timore della Natura: essa non agisce con predeterminazione, neppure scatena esplosioni nucleari su sperduti paradisi nucleari dicendo “tutto è andato bene” quando in realtà non si sa nulla degli effetti a lungo termine, e neppure agisce per pura vendetta.
In Natura, tutto ha un posto, uno scopo ed un senso.
Lo tsunami ha insegnato nuovamente che siamo tutti fratelli.
Di fronte alla tragedia, non rimane altro che vivere la fratellanza.
Allora non esistono più le differenze e tutti gli sforzi sono per la vita, tutti possono adoperarsi per contribuire alla vita di tutti, vicini e lontani (la globalizzazione della solidarietà?).
Spero di sbagliarmi.
Spero che invece abbia insegnato anche dell’altro.
Spero che il mondo civilizzato impari che ci può essere solidarietà sempre e comunque.
Spero che ci sia più attenzione per la vita della povera gente.
Spero che il mondo impari che la vita è il bene più prezioso.
Spero che il mondo capisca che la fratellanza ed il dialogo globale non sono solo utopie.
Spero che le persone riconoscano che l’uomo è capace di adoperarsi per il bene.
Spero che i governi capiscano che è ora di imparare ad investire sulle “cose” che servono veramente, investire sulla costruzione di un futuro migliore, investire sugli ultimi, investire nella salvaguardia di quell’umanità generosa e disponibile che ha confermato di esistere in quei giorni di tragedia e devastazione.
E spero anche che i governi capiscano che la sopraffazione, la ricerca del guadagno ed il monopolio dell’economia non sono vere priorità se paragonate alla salvaguardia delle genti, all’adoperarsi per prevenire i problemi o per creare un futuro migliore.

Ve lo dicevo (o no?) che sono un ingenuo. Spero in tante cose e forse nemmeno una di queste resterà.
Tra qualche mese, dello tsunami non sopravvivrà nemmeno il ricordo.
Saremo in balia di un nuovo carnevale mediatico, assorbiti dalle immagini che scorreranno alla televisione.
E allora smetto di scrivere.
In silenzio, prego per le morti dello tsunami sperando che il mondo, oltre alla solidarietà, ricordi che si può essere cristiani anche in assenza di tragedie.

 

Data di creazione : 3 gennaio 2005
Ultima modifica : 19 gennaio 2006

NOTE:
Racconto pubblicato sulle pagine dei seguenti portali web :

  • www.scrivendo.it

 

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