Lasciate ogni speranza o voi che entrate…

È straordinario notare come un lavoro semplice e per certi versi scontato, come quello del cassiere di un ipermercato, possa essere in realtà fonte di notevoli esperienze e spunti di riflessione.
Non si tratta certamente di un ruolo che prevede lo svolgimento di attività complesse, ma può ugualmente diventare complicato gestire particolari circostanze, soprattutto a causa dell’interazione e delle reazioni da parte dei clienti con cui si è in contatto.
Senza trascurare l’eventuale organizzazione e comunicazione (o mancanza di esse) nei processi dell’azienda presso cui si opera e che, purtroppo, finiscono con il condizionare ogni dinamica lavorativa e non.
Come accade in tutti i contesti occupazionali, oserei dire.
Quello del cassiere è comunque un impiego che può risultare stressante per svariati motivi: i ritmi non vengono sempre decisi dalla risorsa umana, i clienti possono avere necessità e comportamenti imprevedibili, vi sono responsabilità in merito ai soldi movimentati, possono insorgere problematiche che limitano la qualità del servizio offerto al pubblico …
Ma soprattutto, nonostante si operi a stretto contatto con i clienti, risulta essere un’attività alienante.
Non sempre c’è contatto umano, intendo.
Alle volte nemmeno il saluto. Spesso poi il personale di cassa viene confuso con la macchina che invece consente il transito e il pagamento degli articoli della spesa effettuata.
Oltre a ciò, un altro aspetto che può essere motivo di riflessione è il fatto di dover costantemente maneggiare banconote e carte per il pagamento. Sembra infatti che quei piccoli pezzetti di carta a cui attribuiamo un valore, secondo un inganno comunemente convenuto, siano tutto.
Avere soldi, possedere cioè, significa benessere, felicità, vita.
Esistenza.
In caso contrario … beh, che ci fate qui dentro? Turismo agonistico?
O almeno questo è quello che cercano di farci credere loro.
Loro chi?
Quelli che di soldi ne hanno in quantità inimmaginabile, presumo, e che segretamente manovrano la storia dell’umanità. Non i puffi, sia chiaro, quegli altri, gli innominabili poteri occulti.
In pratica, la moneta è una sorta di metro sociale che permette il confronto di individui altrimenti difficilmente raffrontabili. Costituisce in pratica un riferimento semi oggettivo per stabilire quanto effettivamente valga una persona. I soldi quindi sono tuttora uno status symbol, un sinonimo di potere e controllo, un anticipo di divinità.
Per il cassiere invece le banconote, gli assegni, i bancomat e le carte di credito sono solamente strumenti con cui avere a che fare: si accumulano soldi per tutto il giorno e, alla sera, quando poi tutto tace, una volta contati e controllati, vengono spediti al caveau.
Quelli da mantenere sono solamente lo stretto indispensabile per il fondo cassa, la riserva aurea che l’indomani consentirà di gestire quel primo cliente che giungerà a prendere un litro di latte e che, povero, avrà in tasca solamente una banconota da un migliaio di euro.
Ma c’è di più!
I soldi che il personale di cassa maneggia sono capitali che non gli appartengono, di cui è responsabile e che, a fine della giornata, devono risultare coerenti, senza ammanchi, senza spiacevoli sorprese che costringano altri a coprire improvvisi deficit. Anche perché in caso di controversie è prevista la flagellazione delle gengive.
Un po’ come dovrebbe accadere nella gestione dei capitali pubblici, no?
Ma non polemizziamo subito.
C’è quindi qualcosa di umile nel lavoro del cassiere, ma al contempo potente poiché egli è un tramite per il passaggio delle ricchezze dal singolo individuo ad un sistema più ampio.
Un ingranaggio.
Un tassello di un grande puzzle economico e sociale che vive grazie al sacrificio aureo di migliaia di esseri condizionati da tale sistema.
Però è anche l’unica persona fisica – nuove implementazioni tecnologiche permettendo – che fronteggia il cliente e verso il quale, questo, può inalberarsi come un gurzo del Borneo meridionale (1) qualora qualcosa di imprevisto accada.
In questo senso, il ruolo dell’addetto di cassa, sempre a contatto con la clientela, permette di osservare le persone e il loro modo di comportarsi di fronte ai grandi misteri della vita. Quasi fosse una sorta di stage di psicologia e sociologia, ma senza la debita quantificazione in crediti universitari.
Penso insomma che qualunque commesso o cassiere, maschio, femmina o trans che sia, ne ha da raccontare in merito a ciò che ha potuto sperimentare praticando questa professione.
Io, per lo meno, qualche aneddoto ce l’ho.
Ripensandoci ora, forse avrei potuto scegliere un titolo diverso per questo libro, qualcosa di più accattivante e ambizioso: ad esempio “L’umanità vista dalla cassa di un glorioso ipermercato” oppure “Guida galattica per clienti di un ipermercato”, ma per ora mi accontento del titolo scelto.
Evitando di dare l’impressione di essere una sorta di scrittore ingaggiato dagli alieni (che, a dire il vero, preferiscono farsi chiamare “diversamente umani”).
Fatto sta che, da tutte le mie personali esperienze e osservazioni, nasce il testo che mi accingo a presentarvi.
Quindi, mettetevi comodi, con una birra fresca o qualche altra bibita a portata di mano, possibilmente acquistata nel glorioso ipermercato presso cui ho prestato i miei umili servigi, e cominciate pure a scorrere le pagine che verranno. Leggendole anche, possibilmente.

 

Note e precisazioni:

(1) Avete presente quella simpatica bestiola protagonista dei documentari parodia di National Geographic realizzati da Marcello Cesena in alcune edizioni di “Mai Dire…”? In caso contrario, google può tornare utile …

 

Racconto estratto dal libro “Ipermercati (manuale per tutti)” 

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