L’entrata

Un’ulteriore fonte di dubbi inquietanti sulle abitudini delle genti nasce dell’osservazione dell’entrata e dell’uscita dall’ipermercato da parte della clientela.
Per quanto riguarda l’entrata: c’è n’è una sola, enorme, con degli addetti alla sicurezza vigili e sempre all’erta, addobbata con della discutibile cartellonistica pubblicitaria.
Lo so, un unico ingresso è gran poca cosa rispetto all’ingente flusso di pellegrini che si recano in processione a visitare gli scaffali con le offerte, ma l’edificio è stato costruito così e quindi ci si deve accontentare.
Sempre all’entrata sono anche disposti i famigerati cestini, i sostituti dei carrelli per chi deve effettuare piccole spese. O per gli sprovveduti che nell’attraversare il parcheggio non hanno notato quelle sospette impalcature assire con dentro carrelli e che allora si trovano costretti ad aggirarsi per le corsie del glorioso ipermercato che servo con sette cestini tra le mani: nemmeno la dea Kalì sarebbe capace di tanto!
E sì che viene spesso a fare la spesa qui da noi.
Comunque, all’entrata esiste una mistica figura con funzione di controllo, altresì nota come addetto alla sicurezza. Addetto all’imbustatrice per essere più precisi.
Il compito di codesta figura professionale? Controllare il flusso di clienti in entrata e in uscita dall’ipermercato, segnalare eventuali irregolarità, evitare l’ingresso di animali (vista l’educazione media delle persone, sarebbe meglio correggere la frase: evitare l’entrata di qualsiasi animale eccetto l’uomo), evitare che la gente se ne esca senza pagare e imbustare o contrassegnare i prodotti esterni con cui i clienti si recano nel supermercato.
Passamontagna, spranghe e armi da fuoco comprese.
Se un cliente vuol entrare, quindi, dovrebbe farlo usufruendo dell’ingresso principale. Magari provvedendo a far sigillare o imbustare borse, giornali e prodotti acquistati chissà dove.
Come accade in tutti gli ipermercati del mondo.
Semplice!
E invece no!
No, e poi NO!
Ognuno deve, per forza, tentare vie alternative e imprevedibili.
Quanti cercano allora di entrare attraverso la barriera casse, alle volte anche con il carrello, creando non pochi disagi alle persone che, magari, stanno in coda e vogliono (… beh) pagare.
– No, mi scusi, deve entrare per l’ingresso. Come tutti.
– Perché?
Il dubbio sul mio volto:
– Come sarebbe a dire perché? A casa tua entri dalla finestra? Ma pensa te! E in macchina, se trovi un senso unico, ci entri lo stesso anche se sei contromano? Ai caselli dell’autostrada, poi, che fai?
Più di una volta avrei voluto rispondere così. Ma mi son sempre trattenuto.
Alcuni, non necessariamente i più intelligenti, se colti in flagrante affermano con aria decisa e innocente al contempo:
– Ma devo prendere solo i vini che sono là…
Acuta precisazione a cui segue l’immancabile risposta:
– A parte che quelli sono detersivi, mi spiace ma deve ugualmente utilizzare l’ingresso …
– Perché?
Ancora???
Perché ci troviamo in un Paese civile e con delle regole atte a uniformare il comportamento delle genti.
Perché lì è affissa e ben visibile la pubblicità con le offerte.
Perché non si devono intralciare gli altri acquirenti in cassa, senza scordare che all’ingresso c’è almeno un addetto alla sicurezza per vigilare ed evitare la circolazione di criminali.
Ma soprattutto: perché qui non sei a casa tua!
Qui sei in un luogo soggetto a delle norme di comportamento appositamente introdotte al fine di garantire un livello di civiltà superiore a quello dimostrato dall’uomo di Neanderthal!
Anf anf…
Naturalmente nascono diverbi anche con i clienti stranieri il cui comportamento mi ha portato a pensare che, negli altri Stati, non esistono gloriosi ipermercati come quello per cui sgobbo. O, se ci sono, temo costituiscano il regno e la dimora del caos e dell’anarchia più totali.
Capita quindi che, al pari dei clienti nostrani, tentino di entrare per le casse anziché per l’ingresso ordinario.
Al che il personale di cassa è costretto a fermarli con un gesto perentorio che neanche Mosè nei giorni di alta marea in riva al Mar Rosso e a spiegare loro, in italiano, in inglese o con un misto delle due, quale sia la corretta dinamica di ingresso.
A questo punto, solitamente, i clienti diversamente italiani si guardando attorno per poi tornare ad osservare nuovamente l’addetto di cassa il quale, con pazienza, cerca di farsi comprendere accompagnando le proprie spiegazioni con moti e gesti.
Quindi fanno cenno, un unico movimento del capo, pacato e solenne per dimostrare di aver afferrato la verità ultima, si allontanano, si guardano nuovamente attorno … e tentano di entrare attraverso una postazione situata un po’ più avanti.
Ovviamente presidiata da un altro cassiere; al che la storia si ripete finché costoro giungono finalmente in vista dell’entrata – invisibile a occhio nudo sia per grandezza sia per il numero di persone che vi si recano – e, finalmente, con molta perplessità, scuotendo la testa, mormorando qualche frase incomprensibile anche per loro stessi, entrano.
Certi italiani invece sanno fare di meglio, si fingono sordi e proseguono nei loro intenti ignorando palesemente il personale di cassa che presidia la postazione e che, invano, cerca di ricondurli sulla retta via.
D’altronde, la cafoneria è una qualità indispensabile al giorno d’oggi: se uno vuol far strada nella vita deve avercene almeno un poca nel sangue. Spesso ci si lamenta dei vandali, del fatto che i giovani non hanno più rispetto per niente e nessuno e poi, appena se ne presenta l’occasione, si offre il peggio di sé! E senza essere stati votati in Parlamento, per giunta.
In fondo, basta pensare ai bagni pubblici, la vera cartina al tornasole dei tempi moderni e del raggiunto livello di civiltà per comprendere quanta poca attenzione venga posta nei confronti della società all’interno della quale conviviamo.
Che indecenza: meglio cambiare argomento, va ….

 

Racconto estratto dal libro “Ipermercati (manuale per tutti)” 

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