Al limitare del bosco

– Barbari umani

Bergan sbottò scuotendo la testa, una zampa a pestare il terreno con stizza. Nascosto dagli alberi al limitare dalla foresta, il possente minotauro aveva una perfetta visione di quello che gli uomini avevano compiuto. Macerie e cadaveri: solo questo restava della piccola città. Rovine, fiamme e barbarica insensata devastazione. E ancora i lamenti dei feriti agonizzanti trasportati fin lì dal vento che spazzava la vallata ai cui lati sorgeva il bosco in cui ora si trovava.

Il puzzo di morte arrivava sino a lui, innervosendolo. Non era saggio rimanere ancora lì. Non conosceva il motivo dell’attacco ma, è di questo la sua mente semplice era certa, non si trattava della sua guerra. Certo, come tutti i membri della tribù guerriera dei Mhinos amava combattere, misurarsi nel corpo a corpo, roteare e abbattere sulla testa degli umani la sua pesante ascia bipenne. Li disprezzava, più di ogni altra cosa. E in una situazione normale probabilmente sarebbe sceso anche lui tra le rovine della città. Ogni minuto che trascorreva ad osservare le rovine fumanti della città, sentiva la rabbia montargli. Oltre che nei confronti delle altre razze, quegli esseri non avevano nemmeno il dovuto rispetto per i propri simili.

Questo pensava mentre i suoi occhi taurini scrutavano i movimenti furtivi degli sciacalli che si spostavano di carogna in carogna depredando, saccheggiando, privando di ogni dignità i corpi dei caduti lasciandoli nudi e scomposti sotto al cielo terso.

Le mani di Bergan fremevano.

Spostando lo sguardo alla sua destra tuttavia, ritrovò invece la dovuta concentrazione. Non si trattava certo di una situazione normale. Aveva una missione importante per la quale adoperarsi, un compito che ora sarebbe divenuto più difficile da portare a termine.

Accoccolata ai piedi di un grosso abete, Mirin rimaneva immobile, lo sguardo perso nel vuoto. Era come se non temesse la presenza del mostruoso Bergan, come se a mala pena fosse cosciente del mondo. Probabilmente, pensò il possente minotauro, nemmeno era consapevole della battaglia che aveva devastato la città alla quale erano diretti. Forse non li vedeva neanche tutti quei morti.

Poi, lentamente, la bambina alzò il volto, un movimento lento, dolce. Il guerriero seguì quel gesto incapace di realizzare all’istante cosa esso sottintendesse. Non era facile per lui comprendere quella piccola bimba umana alla quale, per ora, faceva da scorta. Incuriosito e disorientato al contempo, si guardò attorno ruotando il collo grosso come un tronco: temeva che qualcosa avesse attirato l’attenzione della bimba, un movimento furtivo, un animale oppure un umano. Qualunque cosa di cui lui, ancora, non era consapevole. Doveva essere cauto, molto. Non era facile arrivargli alle spalle.

Quando tornò ad osservarla, la piccola guardava in alto, tra i rami degli alberi. Immediatamente Bergan si voltò seguendo la direzione del suo sguardo le narici dilatate a captare, finalmente, l’odore del nuovo arrivato. Fatto, questo, che gli diede un po’ di sollievo.

– Sembra che la piccola abbia dei sensi più acuti dei tuoi, bestione!

Quindi, come una macchia di tenebra, si lasciò cadere atterrando morbido a terra rialzandosi subito, agile e scattante come un felino. Cosa che in effetti era.

– Sei tu che sei troppo scaltro, Koguar

Il mutantropo, una pantera antropomorfa, agitò la coda soddisfatto incamminandosi verso la bimba. Nel passare accanto al compagno gli appoggiò una mano sulla spalla: un gesto per rassicurarlo e al contempo per comunicargli silenziosamente che la sua ricerca era stata vana.

Era sceso in città muovendosi agile e furtivo tra le rovine. Ma non aveva trovato alcunché. Poi, nel ritornare, aveva optato per un’ampia deviazione: dubitava che gli umani riuscissero a seguirlo o che avessero scorto il proprio compagno nascosto tra la vegetazione della foresta limitrofa. Tuttavia non voleva correre rischi inutili.

– Niente?

La voce possente del minotauro ruppe il silenzio mentre Koguar si inginocchiava davanti alla piccola.

– Niente, confermò.

Scrutandola con i suoi penetranti occhi viola, il mutantropo si ritrovò a riflettere su quanto fosse curiosa e terribile quella loro piccola compagna di viaggio. Era impressionante come Mirin fosse riuscita a scorgerlo nonostante la sua innata abilità nel muoversi senza esser visto. Sembrava un frugoletto indifeso a malapena cosciente dell’ambiente circostante, come cieca e sorda al mondo, tuttavia era riuscita a scorgerlo mentre Bergan, nonostante la maggiore e indubbia esperienza, non era stato in grado di avvertire il suo avvicinamento.

– Cosa facciamo ora?

– Non lo so.

Koguar era perplesso.

– Questi umani hanno avuto davvero un tempismo inopportuno nel scatenare quest’offensiva. Senza Karud la nostra spedizione sembrerebbe fermarsi qui..

– Dannazione!

Bergan imprecò. Stava per scagliarsi contro il tronco di un albero per scaricare la rabbia che serbava. Sarebbe bastato un suo pugno per abbatterlo ma all’ultimo decise di non portare il colpo: avrebbe attirato inutilmente l’attenzione degli umani su quella parte del bosco.

Data di creazione: 15 ottobre 2007

Ultima modifica: 02 marzo 2008

Note: Il titolo è provvisorio. Questo raccontino è nato quale parte di un progetto a tre…poi naufragato…probabilmente lo amplierò in un secondo momento ma, per ora, ve lo propongo così. Come fosse un incipit…buona lettura!

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