Palindromo

Introduzione

Il testo che segue nasce da un’immagine “presa a prestito” da una poesia proposta da un “mio collega” di Club Poeti. Nella sua composizione il protagonista e la sua immagine riflesse, ad un certo punto del testo, erano definiti “palindromo” (o almeno così l’ho interpretata io la presenza di quel termine). Ma al di là di quest’immagine il suo testo ed il mio differiscono per tematica, messaggio e forma: buona lettura!

PALINDROMO

Mi sono svegliato da poco e ora sono qui, rinchiuso in questo angusto stanzino.
Di fronte allo specchio osservo la mia immagine riflessa: provvedo a sistemare la mia persona per sembrare accettabile agli occhi del mondo intero.
O almeno a tentare, va, che forse suona meglio visto il caso clinico che si delinea dinnanzi ai miei occhi.
Con il rasoio elettrico mi rado i baffi in modo che non crescano. Il resto della barba invece lo lascerò così com’è: dopotutto ho già provveduto ieri mattina e non è che sia poi molto lunga.
Dirigo lo sguardo verso il lavandino e pulisco il rasoio
E poi – penso mentre mi volto verso il mobiletto appeso al muro che sta dietro di me e sulla destra rispetto alla mia posizione – sempre a proposto di farmi la barba con il rasoio normale, devo considerare che mi mancano le lamette, le pregiate lamette Wilkinson!
Probabilmente, ma non sono ancora riuscito a raccogliere le prove per incastrarli, le producono nelle segrete fornaci di Moria obbligando a inumani e massacranti turni di lavoro centinaia di migliaia di nani strappati dalle loro case solo per produrre le migliori lamette da barba di tutta la Terra di Mezzo: le lamette in mithrill
Scherzi a parte, credo dovrebbero fare qualche legge in merito ai prezzi delle lamette da barba o quanto meno prendere provvedimenti: caspita, a momenti è quasi più conveniente acquistare un rasoio nuovo di volta in volta!
Mah, roba da pazzi…e per fortuna che non uso quelle della Gillette!
Lasciamo perdere…Torno ad osservare il volto del me stesso che mi sta di fronte perfettamente riprodotto dallo specchio.
Oggi i miei occhi tendono al grigio: chissà cosa vorrà dire?
Non mi son mai preso la briga di verificare se esiste o meno una relazione tra il tempo atmosferico, le stagioni, le fluttuazioni dell’euro in borsa o chissà quant’altro e il colore dei miei occhi.
Comunque sia, mi piacciono i miei occhi. Sarà vanità affermarlo però è una mia caratteristica fisica di cui vado fiero e, come dicevano su Zelig, “orgoglione”.
Ho gli occhi grigio-verdi: un colore a metà, un colore che, a dirla tutta, non è nemmeno un colore ma che sempre più spesso tendo ora verso l’una ora verso l’altra tonalità che compone quella strana miscela di colore che mi naviga nell’iride.
Nel frattempo cerco di sistemare come meglio mi riesce i corti capelli castano chiaro.
“Ah, Leo Leo, stai iniziando a perderli” constato e affermo a bassa voce.
Strano…per un attimo ho come avuto l’impressione che il labiale del mio alter ego riflesso fosse leggermente de-sincronizzato rispetto al mio, come si ci fosse un’impercettibile sfasamento dell’ordine di qualche frazione di centesimo di secondo tra quello che è stato il mio movimento e quello replicato dal mio collega situato in un mondo che nemmeno esiste.
Sarà il sonno, penso mentre chiudo gli occhi e scuoto la testa.
Un istante dopo apro il rubinetto e mi piego al di sotto del limitare dello specchio, di fatto annullando per qualche istante la vita della mia immagine riflessa.
Torno in posizione eretta e nuovamente eccomi anche al di là del vetro mentre con un asciugamano mi asciugo il volto. Nuovamente rilevo un piccolo sfasamento temporale, impercettibile a dir la verità, eppure così fastidioso nella sua singolarità.
Beh, sarà un qualche strano scherzo della mia vista handicappata.
Afferro gli occhiali che stanno comodamente adagiati sulla mensola proprio dinnanzi a me, vicini al pettine e alla bottiglia del collutorio verde. Li sollevo e ne osservo le lenti. Scrupolosamente.
Decido di pulirli.
Ovviamente speculari io ed il mio riflesso compiamo gli stessi movimenti e dapprima puliamo e poi asciughiamo le mie lenti da vista.
Mentre opero penso a quanto sia incredibile e meraviglioso lo specchio: dopotutto è solo una superficie riflettente, un pezzo di vetro e un fondo metallico o poco più. Uno strumento di effimera vanità eppure uno dei pochi in grado di simulare lo spazio, la vita addirittura!
Realtà virtuale senza software ed elettricità!
Chissà che reazione avranno avuto gli uomini antichi di fronte alla sua invenzione/scoperta: cos’avranno pensato nel vedere la propria immagine riflessa?
Come si saranno sentiti?
Se penso a Narciso che scambiò per reale la sua immagine riflessa e per questo ne morì un po’ mi vien da ridere. Non tanto per il poveretto che ci rimase ma per l’assurdo pensiero in cui aveva creduto così follemente. Come può esserci vita al di là della superficie riflettente?
Sorrido mentre mi posiziono gli occhiali sul naso.
L’irritante sensazione di innaturale sfasamento continua a persistere.
Sarò peggiorato? Oppure è quest’affare a non essere così perfetto come pensavo?
Lo esamino da vicino cercando di individuare imprecisioni, ondulazioni o chissà quale anomalia che spieghi l’assurda sensazione di poco prima.
Il mio alter ego speculare esegue le mie stesse azioni dall’altra parte della superficie, esattamente due millesimi di secondo in anticipo rispetto a me per esser precisi, o almeno questo è quel che mi sembra di avvertire.
Continuo a cercare a pochissima distanza dal vetro…io ed il mio clone siamo così vicini…una sorta di palindromo se osservato da uno spettatore ortogonale rispetto a noi.
Dopo pochi istanti la mia ricerca si conclude.
Non ho trovato nulla: evidentemente mi sarò sbagliato.
Dopotutto capita di vedere cose che non esistono: tutto dipende dalla nostra visione soggettiva del mondo e di noi stessi, o no? Cioè, in base alle nostre convinzioni, in base alla nostra sensibilità e ai nostri pensieri filtriamo il mondo, ignorando alcuni particolari o creandone di inesistenti.
Ma ora basta con ‘sti pensieri, è ora di andare.
Mi volto verso sinistra ed mi dirigo verso la porta, unica figura in movimento all’interno della scena ricostruita sulla superficie riflettente dello specchio.
Lentamente il mio alter ego svanisce per dirigersi verso non so dove.
Ed io con lui: scompaio e non esisto più, dissolto all’interno del limite invalicabile di una realtà riprodotta comprendo l’ironica verità.
Evidentemente, mi trovavo dal lato sbagliato dello specchio

Data di creazione : 24 gennaio 2006

Ultima modifica : 18 aprile 2006

 

NOTE:

Racconto pubblicato sulle pagine dei seguenti portali web :

  • www.ewriters.it
  • www.scrivendo.it
  • www.racconti.it
  • www.scrivi.com

 

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