Tutte le strade portano ai centri commerciali

C’era un tempo in cui il detto “tutte le strade portano a Roma” possedeva una certa aura di mistica solennità.
Sebbene si trattasse di una mera cazzata, detta tra centurioni romani che sottomettevano popoli a destra e a manca durante la pausa estiva dei campionati al Colosseo, per secoli venne ritenuta una verità inoppugnabile.
Poi però gli islandesi fecero notare che tale dogma non era propriamente applicabile alla loro realtà locale e, a causa di ciò, tutto venne rimesso in discussione. Per prima cosa, gli intellettuali dell’epoca reperirono una cartina geografica e successivamente iniziarono a ragionarci su:
– Possibile che in Islanda le mappe dei navigatori satellitari siano così antiquate? (2)
Dopo un po’ compresero con miglior chiarezza l’obiezione avanzata, esaminandola da diverse angolature e da molteplici punti di vista, scendendo fino al vero busillis della questione.
Nacquero allora le prime disquisizioni sulle geometrie non euclidee: alcune teorie geometriche vennero messe in discussione e ne furono formulate di nuove, come affascinanti scenari in cui le rette parallele potevano anche incontrarsi in un punto, pur venendo disegnate con un righello regolamentare e rispettando la precedenza da destra.
I saggi dell’epoca compresero quindi che non si deve mai dare nulla per scontato, né in fatto di linee né tanto meno di strade e strutture annesse. E furono proprio le riflessioni in merito a ciò che portarono ad un inatteso sviluppo:
– Considerando che, in effetti, non tutte le strade portano a Roma, perché non creare opportuni luoghi di scambio socio-culturale e, ancor di più, commerciale?
Da allora si è potuto assistere ad un notevole e progressivo cambiamento dell’apparato circolatorio delle nazioni mondiali.
Pure nel nostro bel “Paese d’oh sole” vennero gettati (e rimodellati in continuazione) fiumi di catrame e cemento che attraversano le nostre regioni, province e comuni, strade appositamente realizzate dall’Anas o chi per esso, secondo provvidenziali progetti di urbanistica e affini partorite da menti superiori.
Un prodigio che, oggi, permette a chiunque di raggiungere un qualsiasi centro commerciale del territorio.
Non importa se la direzione da voi scelta punti al nord oppure ad est, nemmeno conta la meta finale verso cui siete in marcia, da ore magari: ovunque voi procediate finirete inevitabilmente per transitare nei pressi di un centro commerciale. Piccolo o grande che sia, di più o meno recente costruzione, la sua figura maestosa e gloriosa si staglierà all’orizzonte con fare imponente e, guardandovi benevolo dall’alto delle sue enormi scritte fosforescenti, vi ammalierà con le sue offerte e lascive promesse di irripetibili promozioni.
Là, dove prima vi era la steppa inesplorata, oppure un paesaggio montano considerato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, adesso sorge un tempio al dio denaro. A volte anche in numero superiore ad uno, per consentire il rispetto di ogni credo, il diritto ad un secondo parere e della legittima concorrenza tra divinità.
Non è d’uopo indugiare con la mente su quesiti relativi all’effettiva necessità di edificare in codesto modo, senza ritegno e pudore, senza nemmeno tenere in considerazione dell’effettiva esigenza delle popolazioni locali (e non), sempre più alle prese con crisi economiche e problematiche legate all’umana sopravvivenza.
E non si deve neanche provare a contare il numero di centri commerciali che si possono incontrare nel raggio di pochi chilometri appena: non è il loro numero che conta, ma quante volte vi ci recherete.
Lasciate invece che, a prescindere dall’orario e dalla vostra volontà, la direzione del vostro cammino cambi naturalmente e punti senza incertezza alcuna verso quel marchio imponente che tanto promette di realizzare per voi.
Avvertirete allora un senso di pace interiore, un sano impulso alla spesa compulsiva, un’irreprensibile attrazione verso il lato oscuro dello shopping. Con fare leggero imboccherete quella languida bretella della tangenziale appositamente creata per voi, verrete pian piano posseduti dal bisogno demoniaco di parcheggiare dinnanzi all’ingresso e con tutta la vostra anima vorrete entrare nel palazzo del commercio di beni di prima, seconda, terza ed ennesima necessità.
Abbandonate quindi ogni dubbio ed esitazione, lasciate alle spalle il ricordo di quei piccoli negozietti che popolavano il centro dei paesi, disperdete dalla memoria le immagini di caratteristici mercati a cielo aperto che si tengono per le vie delle città, tra gli edifici storici che tanto eco fanno al nostro italico passato, scordatevi per sempre delle piccole botteghe e degli spacci artigianali; cedete piuttosto al fascino del glorioso centro commerciale verso cui siete diretti.
Perché è a quel luogo santo che noi tutti siamo chiamati per adempiere al nostro destino di esseri paganti.
Dal Manzanarre al Reno, dalle Alpi agli Appennini, vicino ai fiumi e ai laghi, dentro e fuori ogni città, i centri commerciali sorgono per voi, solamente per voi.
Amen.

 

Note e precisazioni:

(2) Tradotto letteralmente e ossequiosamente da autorevoli fonti in lingua latina

 

Racconto estratto dal libro “Ipermercati (manuale per tutti)” 

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