Uomo macchina

INTRODUZIONE

In realtà, quest’opera, è una ri – scrittura di una pseudo poesia del 2003 intitolata “E’ un veicolo ma non inquina”. Ho pensato che in forma di racconto potesse rendere di più per cui eccomi a riscriverla!
Ho cambiato il titolo però prendendo spunto da una puntata dei Griffin, una serie animata che in originale si intitola Family Guy. In una puntata il piccolo Stewie riteneva che il suo vicino di casa, un uomo in seda a rotelle, fosse la perfetta fusione tra uomo e macchina, un prototipo di essere superiore insomma.
Prima della lettura vi lascio alle note relative alla creazione dell’opera originaria:

“E’ un veicolo ma non inquina”

…e non è la bicicletta…
10 agosto 2003: questa poesia è datata 30 marzo 2003. Credo di averla scritta influenzato da più fattori: prima fra tutte, la visione di una puntata delle Iene in cui Marco Berry aveva scommesso che la sua squadra di basket avrebbe battuto la Virtus Bologna, cosa che è avvenuta dato che la squadra vincitrice del campionato di serie A di basket è stata costretta a giocare, considerando la squadra di disabili messa in campo da Berry, su delle sedia a rotelle. E poi la presenza di un paio di disabili in facoltà, la lettura di un fumetto, “Le Meraviglie della Natura” di Leo Ortolani, e la visione del film “Perdiamoci di Vista” di Carlo Verdone. Fatto sta che il protagonista di questa mia poesia è un paraplegico, divenuto tale a causa di un incidente. E purtroppo è una cosa che capita più frequentemente di quel che si pensi, dato che non tutte le vittime degli incidenti muoiono…La poesia è una sorta di soliloquio da parte di questo disabile, che racconta se stesso e la sua condizione di cittadino come tutti gli altri, inserito in una realtà sociale che gli è vicina e lo aiuta. L’ultimo pezzo della frase precedente è in parte dettato dall’ironia, perché purtroppo credo che lo Stato e gli enti pubblici non facciano abbastanza per tutti coloro che non sono sani al 100%, e che rimane in ognuno di noi un senso di compassione e “repulsione” per quanti ci appaiono come disabili o handicappati. Al di là di quel che si dice, tra persone sane e persone portatrici di handicap, rimarrà sempre una certa differenza, sia per come vengono trattate e accettate, sia per quanto riguarda le possibilità a disposizione. E riguardo a questo punto, mi rendo conto solo ora che forse ai disabili e ai portatori di handicap è concessa qualche possibilità che ai sani è preclusa. O forse questa è solo una cazzata, anzi senza forse, e mi scuso se nel cercare di scrivere una poesia su di un paraplegico ho in qualche modo offeso qualcuno che sia o ha amici, parenti, familiari, impossibilitato ad usare le gambe. Il mio unico pensiero era di descrivere una realtà che troppo spesso viene ignorata, o dimenticata. Detto questo, vi lascio alla lettura.

“Uomo macchina” a quanto pare.
Il simpatico appellativo che i miei amici mi hanno affibbiato per ironizzare sulla mia condizione di vita visto che, alla fin fine, vivo quasi in simbiosi con il mio veicolo. Un veicolo anomalo: non inquina né consuma benzina e addirittura non viene pubblicizzato alla tv ma che, per muovermi, praticamente uso sempre.
Ad esser sincero non so come farei senza di esso.
Molto del mio vivere quotidiano sarebbe differente.
Dopotutto, molto del mio vivere quotidiano è differente rispetto alle mie aspettative o alla vita che conducevo fino a qualche anno fa.
Devo ammetterlo, molte cose sono cambiate … E, a dirla tutta, dal giorno dell’incidente il mondo non è più stato alla mia altezza. In fondo, tutto assume un’altra prospettiva tenendo gli occhi a circa un metro e trenta da terra.
Le mie gambe, ormai, non mi sorreggono più né si muovono come invece era un tempo.
E il calcio, che tanto mi piaceva giocare con gli amici al campetto dietro la chiesa nelle fresche serate di primavera, ora lo posso solo vedere alla tv.
Ve lo dicevo, molte cose per me sono cambiate.
Ed io con loro.
Mi sono adeguato, trasformato per sopravvivere.
Ricevo una piccola pensione e in compenso, nell’auto, non trovano più posto i pedali.
Ho anche dovuto cambiare l’appartamento perché non adatto alla vita di un “disabile”. Diversamente abile…certo è questo che dovrei dire ma credo mi scuserete se non utilizzo nei miei confronti una simile, tanto insulsa, affermazione discriminatoria.
Dopotutto, converrete con me che un cieco non è di certo diversamente vedente per cui…tra l’altro non ho mai compreso che senso ha discriminare certi individui e altri no. Cioè, io non sarò ariano ma nemmeno i miopi o gli ipermetropi lo sono…
Ad ogni modo…dov’ero rimaso…Ah, sì, spesso prendo il treno per andare al lavoro…
Tutto sommato è comodo: per farmici salire devono utilizzare un macchinario adatto e poi ci sono solo tre treni al giorno che mi possono “andar bene” poiché etichettati come tali. Sugli altri, anche se invisibile, rimane appeso un cartellino con la scritta “io non posso salire”.
Comunque…ho pure il posto riservato a ridosso delle porte d’entrata e di uscita dove non c’è riscaldamento né aria condizionata…
Quando mi muovo in auto poi, non ho problemi per il parcheggio…
Di solito…
I problemi, quelli veri, me li creano i marciapiedi.
Le donne poi mi piacciono ancor più di prima: dalla mia fanciullesca altezza posso osservarle in tutta la loro bellezza, fantastiche curve e morbide forme.
E sono per loro poco più di uno sgorbio, uno per cui provare al massimo compassione…
Solo i bimbi mi trattano alla pari forse peccano di qualche filtro che da grandi, certamente, acquisiranno.
O forse no, chi lo sa? Le nuove generazioni sembrano diverse da quelle precedenti per cui spero bene.
Che altro dire?
Beh, da quel giorno ho preso a frequentare la palestra e la birra ed io siamo amici come non mai. Ma grazie a Dio, i miei amici non mi hanno abbandonato e un po’ si sacrificano per farmi divertire.
E devo dire che non è poi così male: al cinema pago meno, perché il posto me lo porto da casa!
I veri problemi rimangono le cose semplici e banali.
Come le scale, ad esempio, quando non c’è nessuno ad aiutarmi. Oppure quelle dannate buche che si creano sulle strade. O ancora i bagni chiusi a chiave nei locali o, quando va male, non adatti ad uno nelle mie condizioni.
Come vi dicevo, i veri problemi, col tempo me ne sono reso conto, sono spesso le piccole cose, quelle che anch’io un tempo ero abituato a considerare ovvie, banali addirittura.
Diciamo che quando ti ritrovi al posto di uno come me inizia a capire quanto poca attenzione il mondo presti a te e a quelli della tua specie.
Ma le cose stanno cambiando: ci stiamo battendo per un trattamento da eguali
e in futuro, chissà, ci sarà un disabile sul manifesto di Terminator 5!
E come sempre perché le cose cambino noi per primi dobbiamo cambiare. Fermarsi e arrendersi non serve a nulla.
Mai.
Interrogarsi e piangere, rabbiosi, per l’atroce destino che ti ruba ciò che sei porta solo al vuoto e ad una fiera consapevolezza.
Voglio andare avanti: solo questo pensiero mi ha tenuto in vita.
E quindi ho imparato a nuotare, mi son sforzato in ciò che prima nemmeno mi riusciva di affrontare, per paura o per pigrizia non saprei…
Ora, finalmente, apprezzo l’acqua che non si cura del mio corpo e della sua forma: mi accoglie e mi avvolge.
Completamente.
Come l’amore dei miei che non mi hanno abbandonato mai.
Li ringrazio…ringrazio tutti coloro che mi son stati vicini nei momenti del mio deserto, del mio vagare alla deriva in me stesso.
Mi han salvato da una solitaria malattia depressiva.
E come vi dicevo alla fine sono sopravvissuto, cambiato dentro. Ora faccio anche quel che prima non facevo…
Come pregare.
Oppure leggere e studiare…
E’ passato qualche anno ma, se anche il mio corpo ha cambiato postura,i miei occhi non hanno cambiato colore ed il mio viso è rimasto lo stesso di un tempo.
Il mio cuore, quello sì, s’è fatto più sincero.
Piano piano, un passo alla volta direi, ho riconquistato molte delle cose che quell’incidente mi aveva strappato.
La mia vita è stata un costante sforzo a recuperar punti…
Un po’ come quando, nel finale di una partita di basket, ci incitiamo a vicenda.
“Dobbiamo recuperare, non possiamo mollare!”
“Abbiamo ancora tempo per far vedere chi siamo!”
“Recupereremo subito il distacco e tra poco più di cinque minuti saremo al bar a riscuotere il pagamento del tributo che spetta ai vincitori!”
Forse non lo sapete, ma io e i miei compagni disabili, siamo ormai una squadra di serie B2.
Nessuno giornale ne parla, ma a noi non importa nulla.
Giochiamo alla grande e questo basta a farci sentire più normali.
Incollati su queste sedie con le ruote abbiamo scoperto la fratellanza.
Ah, dimenticavo: finalmente, ho trovato pure una ragazza!
La vita, l’ho imparato a mie spese, ci raggiunge sempre.
Comprenderla, forse, non ci è possibile.
Accettarla e lottare è tutto quel che ci rimane.
Di certo, ironico a dirsi dalla posizione in cui mi trovo, non ci lascia mai a piedi!
Non per molto, almeno ^_^

Data di creazione : 30 marzo 2003

Ultima modifica : 20 maggio 2006

 

NOTE:

Racconto pubblicato sulle pagine dei seguenti portali web :

  • www.ewriters.it
  • www.scrivendo.it

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.