Vuoto di Luce – Capitolo 5

L’esistenza e la morte,
ogni pensiero concepito
ogni gesto d’amore donato,
tracce eterne di umano infinito.

Capitolo 5 – Trasloco allucinato

17.06.A891

Elpion procedeva con passo leggero e cadenzato tra i corridoi del tempio di Nazel, situato nel Mugen Caelum, una dimensione spazio-temporale parallela a quella umana eppure a essa così vicina e così indissolubilmente legata.
La donna si aggirava senza fretta all’interno dell’edificio, superando stanze e saloni, percorrendo le lucide superfici marmoree del pavimento. Sotto ai suoi sandali si alternavano sobrie striature di colore scuro che, con geometrie perfette, interrompevano la monotonia uniforme delle mattonelle chiare.
Era sola, adesso, priva della compagnia delle ancelle che solitamente la seguivano ovunque andasse. Nemmeno Araval era nei paraggi, quella con cui era maggiormente in confidenza.
Il Secondo Spirito desiderava stare sola e meditare rileggendo alcuni passi del Tomo dell’Alba e del Crepuscolo. Da parecchi giorni il suo cuore era appesantito da immagini e pensieri derivanti da alcune insistenti visioni: un importante evento, a breve, avrebbe determinato uno squilibrio tra le forze della Luce e quelle del Vuoto.
Elpion era una donna di media statura, dalle forme morbide e rassicuranti, con un volto dolce e piacevole. Sul naso, alcune efelidi la facevano apparire più sbarazzina e frivola di quanto fosse in realtà: possedeva infatti un carattere forte, indipendente e al contempo sensibile, un aspetto questo che talvolta collideva con il potere della chiaroveggenza che le apparteneva. Dalla conoscenza anticipata di ciò che il futuro riservava derivavano una comprensibile preoccupazione e angoscia che spesso serbava nel cuore: quello che percepiva nel corso delle straordinarie esperienze che le permettevano di esplorare gli eventi futuri doveva essere affrontato, valutando la migliore strategia da adottare e il modo d’agire più saggio e meno rischioso.
Avanzando tra i lunghi corridoi del tempio, svoltando e procedendo con decisione lungo un percorso che ben conosceva, il Secondo Spirito posava appena il proprio sguardo sugli arazzi e sulle decorazioni che impreziosivano le pareti, avvertiva appena il profumo dei fiori che i servitori del tempio avevano provveduto a collocare.
I suoi pensieri erano altrove, concentrati su quei pochi frammenti del tempo a venire che aveva colto e su cui voleva meditare in solitudine, cercando consiglio tra le scritture del sacro Tomo dell’Alba e del Crepuscolo, l’opera immortale che gli osservatori della Luce avevano contribuito a realizzare nel corso dei secoli imprimendo in essa ricordi e conoscenze, preservandole dall’oblio, salvaguardando la Verità.
In essi, la donna sperava di trovare informazioni per prepararsi a ciò che sarebbe accaduto su Maerth, nel mondo umano: ci sarebbero stati dolore, sofferenza, tradimento e morte ma alla fine la Luce avrebbe trionfato.
Era fermamente convinta di questo eppure non le riusciva facile decidere se facilitare il decorso del tempo oppure cercare di modificarlo, addirittura impedendo il verificarsi di alcuni di quegli eventi che sapeva approssimarsi.
Spettava a lei, assieme al Primo Spirito, assieme al quale adempiva al compito di guidare i seguaci della Luce, decidere come sfruttare il frutto delle sue visioni.
Un ruolo che Elpion eseguiva con fede e impegno sin da quando era stata consacrata, manifestando e accettando la propria natura divina. Sebbene la donna dimostrasse poco più di una trentina d’anni, la vera età del Secondo Spirito della Luce era molto maggiore e, con tutta probabilità, dipendeva da questo motivo la scelta degli abiti che solitamente indossava. Sceglieva spesso ampie toghe e candide vestaglie che, unitamente a monili dorati che le adornavano collo e polsi, le conferivano l’apparenza di una divinità di epoche antiche. Impressione confermata dal suo portamento e dal modo di fare, semplice ma sempre controllato: trasmetteva una palpabile sensazione di quiete e sacralità.
Infine, la donna raggiunse la propria meta; Elpion si fermò dinnanzi a un alto portone dorato privo di maniglie e appigli. Al di là di esso si trovava la stanza in cui erano custoditi i testi sacri che cercava. Pose delicatamente una mano sulla superficie metallica del portone e socchiuse gli occhi, invocando la magia necessaria a consentirle l’accesso. Un istante più tardi un fugace bagliore illuminò le bianche pareti del corridoio e il portone dorato ruotò sui cardini, permettendole l’accesso nella Sala della Conoscenza.
Al centro della stanza dalla pianta esagonale, i cui colori dominanti erano il bianco e l’azzurro, laddove confluivano le marmoree canalette che convogliavano piccoli flussi d’acqua corrente provenienti dai sei angoli della stanza, sorgeva un leggio dorato. Sopra, vi era posto un grosso libro dalle candide pagine luminose e dalla spessa rilegatura scura.
Elpion vi si avvicinò e, traendo un profondo respiro, sgomberò la mente da ogni pensiero, ponendosi nella miglior condizione possibile per condurre la propria ricerca.
Quindi lo aprì con delicatezza e pose la mano destra a diretto contatto con le pagine, socchiudendo gli occhi: un improvviso bagliore azzurrognolo sancì l’inizio della sua meditazione.
Qualche tempo dopo, la tenue luminosità che avvolgeva Elpion e il Tomo dell’Alba e del Crepuscolo si affievolì fino a scomparire del tutto. La donna aveva ancora gli occhi chiusi ma una lacrima le scese sulla guancia destra; l’asciugò con un lieve tocco della mano, ripensando alle conoscenze apprese dai testi sacri.
Ora sapeva cosa doveva fare, una scelta di cui aveva piena consapevolezza ma che, ugualmente, le risultava difficile da prendere. La conoscenza derivante dalla meditazione aveva accresciuto la sua determinazione ciononostante persisteva nel suo cuore una spiacevole sensazione d’angoscia.
Quando, un istante dopo, riaprì gli occhi Elpion notò con sorpresa di non essere sola: in piedi, vicino allo stipite del portone d’ingresso, il Primo Spirito la stava osservando.
Lo sguardo enigmatico di Turalgun era totalmente concentrato su di lei: anche se non lo dimostrava esternamente, malgrado quel suo atteggiamento di glaciale indifferenza che sembrava riservare a ogni cosa e a ogni persona, il bambino era desideroso di apprendere quel che sarebbe accaduto ora.
« Dobbiamo convocare i più fidati seguaci della Luce », iniziò a spiegare lei, senza indugiare oltre.
Lui annuì, ma non si scompose: sapeva che c’era dell’altro. Lo intuiva dall’espressione afflitta della donna, per questo non si mosse e attese.
« Dobbiamo prepararli: l’avvento del Terzo Spirito è prossimo ma, perché tutto si realizzi, saranno necessari alcuni … »
Elpion non riuscì a concludere la frase.
Sacrifici, questo ciò che avrebbe voluto dire ma il solo pensiero di dover rischiare la vita di uomini e donne consacrati alla Luce per inviarli nell’Oblivion Jigoku, la dimensione del Vuoto, le generava un dissidio interiore che non riusciva a ignorare. Bloccandola. Lasciandola a interrogarsi sul valore da attribuire alla vita umana. La lingua era come paralizzata, incapace di pronunciare quella parola, quasi che annunciandola avesse sancito la condanna di chi avrebbero convocato al tempio.
Sacrifici, pensò ancora una volta, piegando il capo leggermente verso il basso mentre con la mano destra si accarezzava il braccio sinistro. Sentiva freddo.
« Li convocherò ».
Sentenziò il Primo Spirito che, grazie alle proprie facoltà, aveva scrutato nell’animo di Elpion e compreso la portata del compito di cui si sarebbero fatti carico quegli uomini e quelle donne.
Non vi erano certezze, né sul risultato di tale spedizione né che effettivamente il flusso temporale avesse poi assecondato le speranze della Luce, quelle stesse aspettative che si erano palesate a Elpion in occasione delle sue visioni. Ma era l’unico modo, la sola occasione per poter recuperare la reliquia maledetta di Khasnagh, sottraendola dal controllo degli adepti del Vuoto perché, in un giorno non troppo lontano, potesse facilitare il compimento degli eventi necessari alla manifestazione del Terzo Spirito. Che a sua volta avrebbe generato un nuovo squilibrio tra le forze del Bene e del Male.
Turalgun era perfettamente conscio della portata di ciò che, assieme ad Elpion, stava per avviare. Quello era il cammino che la Luce aveva indicato loro, un volere superiore tracciato per essere seguito con fede.
Quando il Primo Spirito si volse per uscire dalla Sala della Conoscenza posò la mano sull’alto portone dorato, chiudendo gli occhi per un istante e invocando l’incantesimo necessario ad aprirlo. Fu allora che, subito prima di uscire da quel piccolo santuario del sapere, parlò nuovamente con la fermezza di chi trasmette insegnamenti e saggezza.
« La vita di quei guerrieri è consacrata alla Luce stessa, tutta la loro esistenza è un costante sacrificio di sé agli altri. Non affliggerti per loro, Elpion, ma rallegrati perché sarà loro affidato il compito di riportare l’equilibrio alla Luce ».
Quindi uscì dalla sala e si apprestò ad avvisare i seguaci della Luce che avrebbe inviato nell’Oblivion Jigoku.
Elpion, invece, se ne rimase ancora qualche istante a riflettere e meditare: aveva ancora negli occhi l’immagine sfocata del volto del Terzo Spirito colui che, a distanza di qualche anno a questa parte, avrebbe finalmente ripristinato la Trinità della Luce.

 

Note: Estratto dal libro “Vuoto di Luce” pubblicato con YouCanPrint nel 2014, disponibile sia in formato cartaceo che in versione ebook

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