La Missione – Pre-ambo Strambolo

Cassel avanzava a fatica sul sentiero di un’impervia montagna, trascinandosi in modo goffo e impacciato. Nel cuore del ranger l’angoscia dettata dalla disperazione del momento stava aumentando, facendogli perdere concentrazione e lucidità. In quelle condizioni non poteva che fare del proprio meglio per sfuggire al nemico che, avvantaggiato dalla profonda oscurità notturna, l’aveva colto di sprovvista e costretto alla fuga in condizioni critiche. Si sentiva uno stolto per il modo in cui si era fatto sorprendere, un momento di debolezza di cui l’altro aveva subito approfittato e di cui ora stava pagando le conseguenze.
A nulla erano valse le sue reazioni, comunque pronte nonostante l’intorpidimento del sonno: per lui non vi era modo alcuno di sconfiggere un nemico come quello che lo stava braccando. Nonostante l’età Cassel era un ranger discretamente esperto di tracce e combattimenti corpo a corpo ma la sua preparazione era incompleta. Il ragazzo conosceva anche qualche semplice incantesimo magico, il minimo indispensabile per stabilire più facilmente contatto con gli amici animali e le forze della natura, non certo per contrastare uno stregone con una piena padronanza delle arti occulte. Cassel possedeva un arco, delle frecce e una buona mira. Il coltello l’aveva invece scagliato in direzione dell’aggressore. Ma oltre a questo non poteva contare su nient’altro che potesse fornirgli una benché minima chance contro lo stregone che lo stava braccando.
Tanto più che muoversi in quelle condizioni gli risultava a dir poco difficile e frustrante. Oltre che imbarazzante.
Non appena i suoi occhi castani avevano scorto il pericolo muoversi al limitare del bosco per il ranger era già troppo tardi: il nemico era già pronto. Cassel l’aveva visto agitare convulsamente la sua bacchetta magica la quale aveva tratteggiato nell’aria discontinue scie luminose; poi gli aveva scagliato contro una potente quanto bizzarra maledizione.
Un qualunque altro stregone avrebbe optato per fulminare il ranger con un incantesimo di magia nera. Oppure l’avrebbe dapprima imprigionato in una fitta rete di filamenti magici per poi tormentarlo con allucinazioni e attacchi psichici, magari prima di ucciderlo con qualche sortilegio di fuoco o ricorrendo al sempre efficace veleno corrosivo.
L’aggressore invece, a cavallo di una veloce e scattante scopa da Liddic, aveva agito in tutt’altro modo, un comportamento che il ranger ben sapeva esser dettato da anni di vita all’interno di un microcosmo creato per irretire bambini e ragazzi poco critici e attenti.
A causa della maledizione che su di lui gravava, Cassel si ritrovava adesso truccato da donna – con tanto di treccine bionde e rossetto sulle labbra – all’interno di un’ingombrante tuta da palombaro. Non riusciva a scorgere nulla dinnanzi a sé per via del buio e del vetro unto oltre ogni limite concesso all’umana decenza. Si sentiva soffocare, anche per via della rabbia che covava, mentre procedeva impacciato a causa dello scafandro che lo rivestiva interamente. Il suo splendido arco in legno d’olmo con impugnatura intarsiata in noce era poi stato tramutato in un palloncino colorato, blandamente assicurato al suo polso destro da uno spaghetto filamentoso. Non poteva essergli utile se non quanto una fionda nel tentativo di arrestare un’impetuosa onda marina.
Il ranger temeva il peggio e sapeva di esser ormai prossimo alla propria fine.
Non aveva paura di morire ma rimpiangeva di non esser riuscito a informare nessuno di quanto avvenuto ai membri della spedizione che aveva guidato. Per di più provava una rabbia indicibile per l’ignominia che avrebbe accompagnato il suo nome una volta che ne avessero rinvenuto il cadavere in quello stato. Avrebbe di certo preferito andarsene in ben altro modo e, se la sua dipartita doveva proprio essere di natura violenta, che almeno si trattasse di un combattimento degno di questo nome. Cassel provava invece solamente una gran vergogna per se stesso e la propria sorte.
«Maledetto stregone dei miei stivali!»
Cassel bofonchiò tra sé e sé queste e ben altre veemenze ai danni dello stregone, ma ancora non si era dato per vinto seguitando a scappare con una velocità degna di un bradipo.
Di lui potevano affermare che avesse svariati difetti e un carattere instabile, ma di certo la tenacia non gli mancava.
Alle sue spalle, invece, lo stregone pareva aver rallentato la sua avanzata ma di certo non avrebbe mancato di adempiere al proprio incarico. Nemmeno a fronte dei lancinanti dolori che aveva iniziato ad accusare all’addome.
Se il Nuovo Signore Oscuro voleva la morte di quel giovane ranger così sarebbe stato: non poteva permettersi il lusso di un fallimento, non conoscendo l’indole tenebrosa del suo padrone.
Ma a breve l’ordine sarebbe stato concretizzato; era solo questione di minuti ormai. E una volta annientato quell’ultimo scomodo testimone nessun altro avrebbe potuto riferire al mondo le orribili azioni che quel giorno il Nuovo Signore Oscuro aveva ordinato fossero compiute.
Azioni di cui il ranger era l’ultimo testimone rimasto ancora in vita, colui che avrebbe potuto innescare proteste e rappresaglie qualora fosse riuscito ad avvertire i guardiani dell’ordine internazionale.
Ma allo stregone non importava affatto appurare la natura del proprio signore, né riflettere su quanto stava avvenendo, anche a causa sua. Egli era sempre più un mero strumento al servizio di un animo corrotto, forse nemmeno padrone delle proprie azioni.
Gli era semplicemente stato ordinato di portare a termine un compito: eliminare quel potenziale pericolo.
Ovvero “il fuggitivo”, aveva aggiunto poi il Nuovo Signore Oscuro, “quello là!”, giusto per non lasciare adito a dubbi. Anche perché l’espressione dipinta sul volto dello stregone non palesava certo vispa intelligenza.
Così era stata emessa la condanna di Cassel, colpevole solamente di aver accompagnato la delegazione dei rappresentanti dell’Alleanza dei Maghi al cospetto del Nuovo Signore Oscuro. Ma nessun testimone poteva rimanere in vita, nessuno doveva conoscere la verità su quanto accaduto nella Città Tetra.
Memore dell’ordine ricevuto lo stregone agitò nuovamente la bacchetta magica per eseguire un ultimo devastante incantesimo.
Avrebbe potuto fare in modo che la sua vittima ardesse in una prigione di fuoco riducendolo a un mucchietto di ceneri fumanti. Oppure evocare un golem di pietra, affinché lo spingesse giù dal crepaccio a cui si era pericolosamente avvicinato, avanzando alla cieca sul sentiero montano che si inerpicava costeggiando il bosco. Infinite le possibilità che la magia aveva da offrire a una mente superiore, avida di conoscenza e verdeggiante di idee e pensieri.
Tuttavia il sicario decise di ricorrere a ben altro, qualcosa di ancor più subdolo e malvagio. E alla sua portata.
Materializzò allora un piccolo oggetto. Era insignificante, apparentemente innocuo, qualcosa che la sua preda di certo non avrebbe scorto nella semi oscurità di quella notte di luna piena. Il ranger doveva morire, nessuno di coloro che avevano preso parte alla delegazione che si era opposta al volere del Nuovo Signore Oscuro in materia di Liddic – l’usanza Lamerdicana che egli aveva prontamente introdotto una volta salito al potere – doveva restare in vita. I membri dell’Alleanza dei Maghi si erano fermamente opposti all’imposizione dell’insegnamento di quella pratica nelle scuole di magia a discapito di corsi più tradizionali volti a istruire i giovani stregoni nell’uso di incantesimi di protezione, di chiaroveggenza oppure a renderli esperti in sortilegi di evocazione, di cura o di attacco mediante l’uso degli elementi.
Nulla di tutto ciò sarebbe stato più insegnato e le future generazioni di stregoni sarebbero stati per lo più degli stolti incapaci. Proprio quello che il Nuovo Signore Oscuro desiderava affinché nessuno potesse mai opporsi al suo volere.
Ma questa sua ostinata decisione, contro cui si erano opposti gli ambasciatori dell’Alleanza dei Maghi, non avrebbe portato che guai e problemi nel regno.
«Massì, il Liddic è solo una distrazione per le masse, qualcosa con cui tenerle impegnate e distratte dalle vere macchinazioni del mio operato. Vedrete, ho grandi progetti per il nostro Regno! Tante idee!»
«Ad esempio? »
«…»
Era bastato questo rapido scambio e il successivo imbarazzante silenzio carico di aspettative a innescare una discussione durata qualche ora.
“A che pro educare le future generazioni nella pratica di una disciplina che avrebbe potuto garantire loro solamente qualche anno di attività lavorativa?”
“Per quale motivo insegnare la magia per scopi venali e poco nobili?”
“Quale vantaggio sarebbe effettivamente giunto dal puntare sull’allenamento fisico dei maghi anziché istruirli nell’uso di poteri arcani, verso cui era più logico che si indirizzassero?”
“Poteva un mago fregiarsi di tale nome solo per aver concluso anni e anni di accademia non approfondendo e ricercando conoscenze occulte ma semplicemente praticando uno sport diseducativo, che incentivava alla competitività e all’astio verso il prossimo?”
Il Nuovo Signore Oscuro se ne era stato per quasi tutto il tempo nei pressi della grande vetrata che, dalla sua immensa torre scura, dava verso il mondo esterno, praticamente offrendo le spalle alla delegazione dei maghi.
Li aveva ascoltati sciorinare tutti i loro bei discorsi, le loro teorie, le loro argomentazioni.
«Vecchi di merda…» gli scivolò di bocca.
«Come dite?»
I Maghi non avevano effettivamente udito il suo intervento ma lui scambiò quella domanda per una provocazione.
Così, stanco di tutto quel ciarlare, improvviso e drastico, impartì l’ordine definitivo.
Nonostante le preoccupazioni degli ambasciatori che temevano per le sorti del Regno, che rischiava di divenire una nazione sull’orlo del collasso economico e culturale, proprio come era successo alla vicina T’Alia, devastata dalla corruzione dilagante e da un’ignoranza irrefrenabile, il Nuovo Signore Oscuro aveva deciso di liquidarli e di porre fine a quella discussione.
Per sempre.
Seduta stante erano stati dichiarati nemici del popolo e quindi condannati a morte. La condanna venne eseguita tramite avvelenamento grazie a delle tartine alla salsa di mirtillo, vongole e kebab servite nel corso del buffet imbandito nella stanza adiacente a quella delle udienze.
Sulle tracce di tutti gli altri maghi dell’Alleanza erano stati invece sguinzagliati numerosi stregoni che, sotto il comando del possente Dub Censper erano quasi riusciti nell’eseguire del tutto lo spietato ordine impartito dal tiranno.
Il ranger, che ora stava per morire per opera di Nor Il Rosso, rappresentava l’unica eccezione. D’altra parte, a essere precisi egli non era un mago, per questo era rimasto escluso dalla compilazione dell’elenco delle persone non più in possesso dei requisiti per vivere nel Regno.
Ma Cassel era conoscenza della missione degli ambasciatori essendo la guida che li aveva condotti fino al cospetto del sovrano oscuro. Per il mondo intero la delegazione non sarebbe stata che una notizia sommersa da mille altri avvenimenti mondani. O al limite, bollata come atto di insano terrorismo contro un sovrano buono e giusto. E bello, sia mai che nei rotocalchi venisse meno questa triade di aggettivi. Un bel faccione sorridente di lui che tramutava l’acqua in mojito avrebbe poi compensato il tutto.
Le masse sarebbero state certamente dalla parte del Nuovo Oscuro Signore: non poteva essere altrimenti da quando aveva dimostrato loro la propria benevolenza riducendo i costi degli abbonamenti per assistere ai tornei di Liddic!
E ora che quanto ordinato dal Nuovo Signore Oscuro stava per divenire drammatica realtà nessuno al mondo si sarebbe opposto alla riforma scolastica da lui ordita che avrebbe sicuramente cambiato le sorti del Regno.
Per sempre.
Solamente Cassel si frapponeva a questo disegno essendo parte di questa storia e, potenzialmente, a disposizione dell’Autore. Ma il ranger, nel vano tentativo di sfuggire al suo implacabile boia, si era spinto troppo vicino al dirupo.
Impacciato e ostacolato dal buio della notte, non si accorse nemmeno dell’ultimo devastante sortilegio che Nor aveva scagliato contro di lui: scivolando su di una saponetta aromatizzata al muschio nordico Cassel perse l’equilibrio e precipitò nel baratro.
«Porca trooootaaaaa…»
L’urlo echeggiò per un poco nell’aria notturna, poi l’impatto sulle rocce e quindi il silenzio.
Dall’alto della sua scopa da Liddic, un pezzo di legno di faggio su cui era stato scagliato – per errore – un incantesimo e aggiunta una piccola seggiola, lo stregone scrutò per qualche istante l’oscurità che aveva inghiottito il ranger.
Poco dopo decise che la missione era ormai conclusa: il bersaglio era senz’altro morto, doveva esserlo dopo una caduta simile. Non valeva la pena controllare personalmente il cadavere o utilizzare qualche incantesimo per accertarsi di ciò.
Presumere equivale a certezza, pensò Nor il Rosso scostando con fare teatrale il logoro cappuccio che gli copriva il volto lentigginoso e tratteneva la sua folta chioma ramata.
Gli ordini del suo signore erano stati eseguiti: tutti coloro che avevano preso parte alla spedizione dell’Alleanza dei Maghi erano stati giustiziati in quanto pericolosi criminali, latori di un pensiero sovversivo in alcun modo tollerabile. In una parola: terroristi!
Volgendo la scopa verso nord, verso la capitale, lo stregone sfrecciò via da quel luogo desideroso di riferire la notizia al Nuovo Signore Oscuro.
E di recarsi al gabinetto.
Purtroppo Nor il Rosso aveva commesso l’errore di sottovalutare il vento gelido delle montagne Laverdiane nelle notti di marzo e, incapace di ricorrere a un banale incantesimo di regolazione termica, ora soffriva a causa di nefasti movimenti intestinali.
Ma, sfortunatamente per lui, non era stato l’unico errore che aveva commesso quella notte.
Svariate decine di metri più in basso, nell’oscurità del precipizio, anche se a fatica, il ranger respirava ancora.
E bestemmiava per la sorte avversa.

 

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Note: questo testo nasce nel 2007 ed è un progetto rimasto in sospeso, ovvero l’incipit per un racconto/libro di genere fantasy demenziale con riferimenti cinematografici, fumettistici e via dicendo. L’ho ripreso in mano durante il lock-down, ma non è affatto completato…vedremo come proseguirà ^_^

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