Evocazione – Parte Prima: Capitolo 4

Parte Prima

Capitolo 4: Rivelazioni

Mentre Shrogran, il custode del Tempio e la maggior parte dei monaci riposano per riprendersi dopo la sanguinosa battaglia da poco conclusa, due uomini scendono nei sotterranei del Santuario.
Facendosi luce con delle semplici torce vagano nei cunicoli delle catacombe. Percorrono oscure rampe di scale seguendo il profilo di muri di pietra fino alla sala che contiene le Reliquie, gli antichi tesori che l’Oscuro Signore desidera e al contempo teme.
Nel corso dei secoli la principale funzione del tempio e dell’ordine monacale che ne aveva fatto la propria sede era stata quella di custodire e proteggere gli antichi segreti della storia e della fede.
Il divino custode evocato in quello stesso giorno era solo una parte di essi.
Asroth, questo il suo nome, un’antica divinità al servizio del sommo Aurios, signore della Luce e della Vita, che in epoche passate era stata sigillata all’interno del grande sarcofago nero da cui era stato richiamato al mondo quale estremo difensore del santuario.
Secondo quanto scritto negli Antichi Tomi della Verità, Asroth non era l’unica divinità a esser stata imprigionata: altre divinità e semidei giacciono assopiti in attesa del giorno del loro risveglio.
Un risveglio che, stando a quanto scritto nei sacri testi, sarebbe giunto in concomitanza con l’avvento dell’Oscuro Signore, il distruttore della vita, il sovrano del Vuoto e della Tenebra.

Il cielo al tramonto presenta un colore rosato che sfuma via via nell’indaco e poi nell’azzurro tenue della sera: la calma della volta celeste rasserena gli animi mentre i monaci prestano soccorso e assistenza ai pochi soldati feriti ma miracolosamente sopravvissuti alla battaglia.
Sembra impossibile ma nonostante la furia dei combattimenti e la devastante potenza magica dimostrata da Asroth qualcuno dei soldati è riuscito a salvarsi, probabilmente protetto da uno dei cadaveri dei nemici orchi uccisi.
Chissà se il dio, nonostante la sua furia, l’avesse previsto e avesse fatto in modo da non danneggiare i difensori del tempio?, si era chiesto Shrogran nell’osservare il via vai di barellieri e soccorritori.
Nel frattempo uno dei monaci avvisa il padre abate che le Reliquie sono state recuperate dalle catacombe e sistemate all’interno del santuario proprio come era stato loro richiesto.
L’anziano monaco, il responsabile ufficiale del santuario agli occhi dell’ordine del Cerchio Magico, si rivolge a tutti i presenti invitandoli a entrare nel santuario.
Il dio bambino viene delicatamente svegliato dalla donna presso cui stava a riposare e, silenziosamente seguito da Shrogran, entra nel tempio.
L’interno dell’edificio è illuminato dalla luce di alcune candele poste sulle colonne che delimitano la navata principale. L’edificio appare immenso anche all’interno, austero ma imponente con enormi colonne circolari di marmo di colore chiaro. In alto, a circa quindici o forse più metri d’altezza il soffitto è costituito da una serie di cupole in successione decorate da preziosi affreschi che ritraggono episodi mitologici. Ai margini delle navate minori si susseguono statue e decorazioni riferite alla battaglia degli dei, lo scontro tra le divinità della Luce e quelle delle Tenebre.
Al centro del transetto, dove le panche per i fedeli sono state spostate per fargli posto, giace ancora il sarcofago nero che racchiudeva il divino custode. Sulle vetrate e sugli altorilievi che ornano le pareti dell’abside si rincorrono raffigurazioni di antiche leggende e il ritrovamento delle Reliquie mentre sulla secolare superficie della pavimentazione in marmo, proprio nei pressi del grande sarcofago, sono ben visibili i segni di bruciatura dovuti al rituale magico.
Nei pressi del sobrio altare in noce, infine, è collocato un piccolo forziere.
La piccola folla costituita dai monaci, dai pochi profughi che avevano trovato rifugio al santuario e da Shrogran Lupo del Nord si dirige verso di esso.
L’abate Lambert prende la parola mentre i monaci si inginocchiano in segno di rispetto di fronte alla divinità loro salvatrice e ai sacri tesori del tempio che in quel giorno, finalmente, sono tornati alla luce.
« Divino Asroth, ecco le Reliquie che abbiamo conservato per tutti questi secoli e che ora, secondo quanto tramandatoci nei Tomi della Verità, ti rendiamo quale segno di profonda gratitudine e devozione ».
L’anziano monaco apre con deferenza il piccolo forziere finemente lavorato e ne mostra il contenuto alla divinità:
« A nome di tutti ti esprimo profonda gratitudine per il tuo intervento: è solo grazie alla tua immensa forza se siamo sopravvissuti all’attacco dell’Oscuro Signore. Ti dobbiamo molto, divino custode”.
E mentre pronuncia queste parole si genuflette in segno di rispetto di fronte alla divinità bambino. Anche il possente Shrogran si unisce a quel gesto nonostante i dubbi che cela nel cuore.
Com’è possibile che quel bambino sia Asroth?
Com’è possibile che quella furia scatenata sia il divino custode del Tempio inviato dal lucente Aurios?
Nella battaglia contro gli orchi ha dato prova di una ferocia senza pari…ma quanta crudeltà…quanta potenza…
Per un attimo il suo sguardo indugia sui monaci del tempio e sulla profonda fede che traspare dal loro atteggiamento. Non vi sono dubbi nei loro occhi e nei loro cuori, solo profonda riconoscenza.
Di certo un barbaro ignorante come me, continua a ripetersi, non può conoscere tutta la verità sulle antiche lotte tra le divinità della Luce e gli oscuri demoni della Notte.
Inginocchiato nei pressi dell’altare il Lupo del Nord appare turbato e pensieroso ma ciononostante non proferisce parole e si limita a seguire gli eventi.
E, anche se non lo sa, Shrogran non è il solo a nutrire qualche dubbio in merito al comportamento del divino custode del Tempio che ora, sotto gli occhi di tutti, avanza verso il forziere posto dinnanzi all’altare di legno.
« Vi preghiamo, divino Asroth, ecco le Reliquie che vi appartengono: usatele per liberarci dalla guerra e dal male rappresentato dall’Oscuro Signore » continua l’abate Lambert.
« Asroth…» ripete il divino custode con voce cristallina e pura, la voce di un bambino innocente nonostante il furore dimostrato in battaglia « perché continuate a chiamarmi con quel nome? »
Dubbio e sconcerto sul volto dei monaci inginocchiati.
Tutti i pensieri trattenuti fino ad allora, dubbi nascosti e rinnegati, affiorano prepotenti, palesando l’atroce preoccupazione di esser stati ingannati.
« Non capisco…» proferisce prudentemente l’anziano monaco.
Sua la responsabilità dell’ordine impartito affinché venisse risvegliato Asroth, l’estremo combattente da muovere in difesa del Tempio, il divino custode che Signore della Vita aveva affidato agli amati fedeli prima del tramonto degli dei.
Prima del suo confinamento in un’altra dimensione per mano dei demoni Yenom e Khaos.
Possibile dunque che il custode racchiuso nel sarcofago non fosse Asroth, la multiforme divinità bambino al servizio di Aurios?
Una risata malvagia prorompe dalla bocca di colui che fino a quel momento si riteneva essere il custode divino, un suono empio che va diffondendosi come un morbo nell’aria di quel luogo profumato di incenso e sacralità:
« Io non sono Asroth! Stolti umani come potete anche solo pensare che io lo sia? »
Il panico nello sguardo e nel cuore dei monaci che subito si alzano e si muovono verso le sacre reliquie.
Un diabolico sorriso mentre la verità viene rivelata.
« Io sono Khaos! »
Le sue parole si disperdono blasfeme nell’aria immota del santuario mentre i presenti assimilano la potenza di tale rivelazione.
Lo sconforto ed il timore negli occhi dei presenti: tutti conoscono quel nome!
È tristemente nota a tutti l’identità di uno dei più antichi e potenti demoni della Notte!
E non appena realizzano ciò, muta l’atteggiamento dei monaci: mai avrebbero mai permesso che un simile mostro si impadronisse delle reliquie, le stesse che solo fino a pochi istanti prima erano stoltamente pronti a consegnargli.
Come abbiamo potuto essere così ciechi di fronte alla realtà, si interrogano.
Come abbiamo anche solo potuto pensare che quella furia scatenata e dispensatrice di morte potesse essere un servo di Aurios?
Ma basta un gesto della mano del demone per confermare ogni timore e spazzare via quegli uomini come fossero fuscelli: sbalzati e colpiti da una magia invisibile ricadono contro le colonne o nei pressi dell’altare o addirittura nel bel mezzo delle navate.
La strada sgombera, il bambino dagli occhi dorati avanza verso il forziere contenente le sacre reliquie: solo pochi passi lo separano dai sacri tesori.
« Vi ringrazio, patetici mortali: non solo mi avete riportato alla vita ma addirittura mi avete fatto dono di questi preziosi tesori! Quanto siete stati ingenui: davvero credevate che io fossi Asroth? »
A terra poco distante dalle gradinate che conducono all’altare, Kall, uno dei giovani monaci del tempio cerca di rialzarsi, incredulo di fronte all’evidenza dei fatti.
Per quale scopo abbiamo lottato quest’oggi?
Per quale scopo io e i miei fratelli abbiamo consacrato la nostra vita?
In nome di quale fede abbiamo difeso le sacre Reliquie che ora stanno per cadere nelle mani di un demone?
« Non è possibile », commenta mentre le lacrime iniziano a rigargli le guance, « non è possibile… »
« Oh, sì che è possibile invece, mio giovane monaco »
La divinità bambino è ora dinnanzi a lui ad osservarlo, a fissarlo negli occhi: si è spostata ad una velocità inumana senza provocare spostamento alcuno solo per poterlo deridere meglio.
« Credimi: non sono Asroth. Lo so, lo so, vi ho ingannato… » conferma facendo spallucce quasi a scusarsi del gioco “innocente” che aveva loro combinato, di fatto annichilendo le loro speranze ed il loro credo secolare.
D’un tratto la sacra missione dei monaci a difesa delle sacre reliquie si era dimostrata una menzogna, un inganno crudele: per tutti quegli anni avevano protetto un demone!
« Ho assunto le sue sembianze vestendo i panni della divinità bambino ma, ovviamente, non sono patetico e insignificante come lui! Ahahahah! »
bMa…le leggende, le antiche scritture e tutte le profezie che parlavano del custode del Tempio…»
“Menzogne! Inganni orditi da tempo assecondando i sogni dell’oscuro Yenom, un trucco per recuperare le reliquie che Aurios vi aveva affidato prima della sua sconfitta. Che stolto! Affidare simili tesori a creature deboli e patetiche come voi umani! »
Poi, avvicinandosi ancora di più al giovane monaco, in un sussurro gli confida le sue reali intenzioni.
« Ma non ti preoccupare: tra poco, per voi, sarà tutto finito… »
Khaos si alza e nuovamente si dirige verso il forziere contenente le reliquie, certo che nessuno l’avrebbe ostacolato ulteriormente.
Tutti ne conoscevano la crudeltà e la forza attraverso le leggende e le storie racchiuse nei Tomi della Verità; e se per caso questo non fosse stato sufficiente tutti loro avevano ancora bene in mente la tremenda dimostrazione di potere di quel giorno.
Per questo avanza baldanzoso e sicuro di sé, volgendo il capo all’indietro leggermente ruotato verso il giovane Kall ma in realtà con l’intento di rivolgersi a tutti i presenti.
« …non temete però, non ho intenzione di uccidervi: dopotutto non voglio dimostrarmi ingrato con chi mi ha evocato. Sarebbe scortese da parte mia, non trovate? Mi avete riportato alla vita, dopotutto. Vi risparmierò la vita rendendovi miei schiavi……oppure vi risparmierò perché possiate raccontare a tutti quale male avete risvegliato e riportato al mondo! Che ingenui! Ahahahah! »
Mentre ride il demone riporta l’attenzione al piccolo forziere: proprio in quell’istante un pugno portentoso lo colpisce piovendo dall’alto come una meteora. Il bambino dagli occhi dorati subisce l’impatto e per un attimo barcolla indietreggiando, stupito.
Immediatamente guarda con occhi feroci il possente barbaro che stupidamente aveva deciso di suicidarsi sfidando la sua ira.
« Come osi, mortale? »
« Io oso e basta, demone! »
Risponde freddamente il barbaro mentre un altro pugno va a segno colpendo il finto custode all’addome, facendolo addirittura sollevare da terra.
Shrogran è furente: si sente ferito, tradito, ingannato ed usato.
Per cosa sono morti i miei compagni?
Per cosa abbiamo lottato e ucciso? Perché il mondo conosca un nuovo male, un nuovo demone sanguinario da contrastare?
Dove sono la verità e quella speranza che sarebbe dovuto esser rivelata all’umanità in lotta contro gli eserciti dell’Oscuro Signore?
Non era mai stato un uomo particolarmente religioso, ma sapeva bene come veniva citato Khaos nelle antiche leggende.
E mentre il possente barbaro del Nord porta le mani alla sua Fendinuvole deciso a porre fine alla vita di quel vile mentitore, il demone risponde al suo attacco immobilizzandolo e sollevandolo da terra con la propria magia.
Ride, nuovamente quella sua risata malvagia che penetra nell’animo, dei presenti, sconvolgendoli.
« Cosa credi di fare, umano? Pensavi di uccidermi forse? Ad ogni modo mi piaci, barbaro, mi piace questo tuo temperamento: non temi proprio di sfidare gli dei? A quanto pare, direi proprio di no…forse potrei risparmiarti davvero…potrei piegare la tua volontà e renderti mio schiavo devoto e sottomesso! Oppure più semplicemente potrei ucciderti qui, ora, senza pietà quale esempio e monito a chiunque tenti di contrastarmi… »
Termina il discorso sferrando un pugno all’addome del guerriero piegandolo in due per la violenza del colpo. E mentre si muove il demone riflette sull’accaduto: c‘è qualcosa di strano, come ha potuto cogliermi di sorpresa? Probabilmente ho esagerato nel corso della battaglia, oppure risento del lungo periodo di letargo.
Tacendo questi pensieri, levitando sospeso a mezz’aria, il demone si porta dinnanzi al volto di Shrogran.
« …in ogni caso sappi che non hai possibilità contro di me: né ora né mai! »
Poi, voltandosi e spaziando con lo sguardo su tutti i presenti, continua con le minacce:
« Ancora non capite che al mio cospetto siete solo patetiche formiche, insetti che posso schiacciare quando e come voglio! È inutile che vi ribelliate! O che tentiate di fuggire! »
Alle sue spalle, vedendolo impegnato contro il Lupo del Nord, i monaci ricorrono a un ultimo disperato tentativo per contrastare il demone: scariche di energia iniziano a concentrarsi nelle loro mani.
I profughi invece, contadini e gente semplice scampata al massacro di quei giorni, atterriti e scossi già corrono verso le porte del tempio.
Ma basta un solo pensiero perché tutti i presenti vengano imprigionati in magiche sfere di energia azzurra e viola, separati gli uni dagli altri, circoscritti in un spazio sferico isolato dal resto del mondo.
« Stolti! Cosa pensavate di fare? La vostra magia non è sufficiente a contrastarmi! Pensavate davvero di riuscire a…a fare cosa poi? A bloccarmi? A sigillarmi nuovamente all’interno di quel sarcofago? Credevate… »
Per un attimo il demone si interrompe, in preda ad antichi ricordi confusi e caotici: qualcosa tenta di riemergere dal suo passato ma non riesce a visualizzare, a rammentare perfettamente…solo un lampo fugace, un volto di donna…poi passa e la sgradevole sensazione di non essere padrone dei propri pensieri svanisce.
Ma ora che ci fa caso, Khaos ha come l’impressione di non ricordare granché di stesso e della sua vita.
Per qualche istante si sente smarrito, confuso, come se non conoscesse se stesso, come se agisse soltanto per inerzia, assecondando il suo istinto più che agendo secondo la propria volontà. Si sente disorientato mentre un grande vuoto inizia a pesargli dentro.
Probabilmente, pensa, è dovuto al recente risveglio, una sorta di effetto collaterale del rito di evocazione. Oppure qualche imprecisione nel rituale di evocazione compiuto dai monaci del tempio…
« Dannazione! Nemmeno siete stati in grado di evocarmi alla perfezione! »
Urla il demone furente e rabbioso all’interno del tempio.
Gli uomini nel frattempo cercano di divincolarsi dall’incantesimo, tentando di liberarsi e di uscire da quelle prigioni di energia sospese a mezz’aria.
E mentre li osserva sforzarsi a quel modo, chi usando il proprio corpo chi la magia per ribellarsi alla barriera magica da lui creata, con ritrovata calma il demone riprende parlando più a se stesso che ai presenti.
« Ma poco importa: la memoria tornerà ben presto. »
Per l’ennesima volta Khaos volge la propria attenzione al forziere e per un istante rimane interdetto ad osservarne il contenuto.
Mi aspettavo di più. Decisamente.
Nel piccolo forziere argentato e impreziosito da decorazioni in oro in cui si susseguono raffigurazioni epiche di antiche leggende, solo due oggetti attendono di essere presi: una piccola sfera nera di pochi centimetri di diametro e un paio di bracciali in bronzo, semplici, umili, senza decorazioni o segni di riconoscimento alcuno.

Leggi le altri parti:

Nota: l’immagine in evidenza è presa dalla bacheca di Magdalena Pagowska su deviantart

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.