La Missione – Gli ordini del Nuovo Signore Oscuro

Capitolo 3

Nella sua vasca da bagno piena fino all’orlo di acqua calda e bagno schiuma profumato alla liquirizia, il Nuovo Signore Oscuro si stava rilassando. Sul bordo, era situato un bicchiere riccamente decorato con serpenti argentati che si rincorrevano sulla superficie e, al suo interno, abbondante succo di mora e lampone. Il Nuovo Signore Oscuro si stava rilassando mentre su di una superficie magica da lui stesso creata, una sorta di specchio che fluttuava a mezz’aria, osservava le ragazze di un college che si stavano cambiando in uno degli spogliatoi di una vicina scuola per giovani streghe.
All’improvviso però, del tutto inaspettatamente, qualcuno bussò alla porta.
Il panico sul volto del tiranno: non poteva farsi scoprire così palesemente in fragrante a utilizzare la magia per scopi così poco nobili ed edificanti.
Però non poteva nemmeno negare udienza ai suoi fidati servitori, soprattutto se recavano importanti e urgenti comunicazioni.
«Un attimo!»
Prese tempo mentre si girava attorno alla disperata ricerca della sua fidata bacchetta magica. Era uno dei più potenti stregoni della sua età, colui che aveva spodestato Maldevort divenendo a sua volta il Signore Oscuro, ma era praticamente nulla senza la propria bacchetta magica.
Non riuscendo a trovarla, incapace persino di richiamarla a sé con un solo pensiero, uscì dalla vasca e corse, nudo, sino alla porta.
«E sia!» disse, più a sé stesso che ad altri.
Quindi aprì, tronfio e solenne.
Il servitore, un piccolo folletto alto poco più di due piedi, lo attendeva con un rotolo in mano, una comunicazione sigillata con la magia all’interno di un contenitore fiocamente illuminato di luce bianca.
«U…una comunicazione per il Nuovo Signore Oscuro.»
La buffa creatura porse il rotolo al tiranno chinando il capo, sforzandosi di rimanere serio in volto e minimizzando l’imbarazzo che provava per quella situazione a dir poco inusuale. Mai e poi mai, in decenni di onorata carriera come tirapiedi per il tiranno di turno, si era trovato dinnanzi a un reggente tanto ignorante dell’etichetta o dell’esistenza di accappatoi e asciugamani.
«Grazie! Vai pure, nanelfo.»
Il servitore chinò ulteriormente il capo, ringraziando il proprio padrone e al contempo nascondendo l’odio furibondo che provava ogni volta che si sentiva chiamare in quel modo. Era basso, sì, ma che ci poteva fare: era una caratteristica propria della sua razza. Che comunque non era elfica.
Ma un giorno gliel’avrebbe di certo fatta pagare a quel bastardo, avrebbe liberato il suo popolo, ridotto in schiavitù dal precedente Signore Oscuro, che tutt’ora versava in condizioni di forte disagio.
Prima o poi, oh sì, gliela farò pagare! Già pregustava il momento in cui l’avrebbe preso e legato per poi torturarlo a oltranza gridandogli a squarciagola: “Lo vuoi capire o no che non sono un elfo!?”
E poi gli conficcherò quella sua dannatissima bacchetta magica là, dove …
Il Nuovo Signore Oscuro accompagnò con lo sguardo il proprio servitore osservandolo dapprima allontanarsi e poi fermarsi, a metà circa del corridoio, scosso da tremiti e convulsioni isteriche. Ma poi quanto lo senti ridere e ridere di un riso folle, comprese che non aveva di che preoccuparsi: era bello sapere che i propri servitori provavano gioia e letizia per il solo fatto di essere alle sue dipendenze.
Così, rimasto solo, una volta richiusa la porta alle sue spalle, Hanfry Poster svitò le estremità del rotolo per poter raggiungere la pergamena contenuta all’interno. Non c’era alcuna magia in realtà, solo dei piccoli filamenti colorati e fosforescenti posti attorno al rivestimento esterno che conferivano al cilindro un’aria sovrannaturale.
Quello che lesse non gli piacque affatto.
Qualche minuto dopo si trovava assieme due dei suoi più fidati servitori: se le informazioni riportate nel papiro erano veritiere, allora era meglio correre ai ripari al più presto.
«Questa volta non sarà semplice come lo è stato con Maldevort», esordì
Il Nuovo Signore Oscuro lo sapeva bene. Per eliminare il precedente tiranno era bastato far leva sulla sua vanità. Aveva fatto in modo che partecipasse come attore principale in uno spettacolo teatrale al fianco della bella Jeilo e, a seguito di una miriade di terrificanti stroncature mosse dai migliori critici del mondo, da ben tre anni non se ne era più sentito parlare. Devastato e sopraffatto dalla vergogna, dimenticato e abbandonato persino dai propri amici, disconosciuto dal club del Crotalo Multicolore, si era ritirato in un eremo solitario. Da allora nessuno ne aveva più saputo nulla e nessuno si era preoccupato di accertarsi che non stesse tramando qualche losco e sinistro complotto ai danni del mondo intero.
Forse un giorno sarebbe tornato ma fino ad allora Hanfry Poster avrebbe governato sul regno. Avrebbe diffuso il verbo del Liddic e reso la popolazione più ignorante e stupida di quanto fosse mai stata negli ultimi decenni. Era tempo di incoerenze e di spregiudicati usi della magia!
Per questo aveva nominato Philippo Of Marii a capo del concilio dell’istruzione: tutti i giovani stregoni e le streghe sarebbero cresciute con il culto dell’apparire, avrebbero preso parte a balli e a stupide gare trascorrendo il restante tempo libero a instupidirsi per mezzo di insulsi dibattiti all’insegna delle frivolezze e del gossip. Discussioni accese e animate che poco avevano di utile se non quello di fornire l’occasione per parlare, ancora, di Liddic, la cosiddetta “disciplina degli dei”, nella quale il Nuovo Signore Oscuro eccelleva e in cui avrebbe sconfitto tutti quanti!
Ma purtroppo non tutti erano d’accordo e l’Alleanza dei Maghi aveva cercato di contrastarlo mettendo in discussione i suoi propositi di governo. Come se un governante dovesse prodigarsi per davvero degli interessi del popolo o di quello che esso realmente abbisogna. Avevano farneticato dell’importanza di potenziare le difese poste ai confini del regno, di adoperarsi per l’istituzione di centri per l’utilizzo ecologico della magia, di fondare un corpo di maghi curatori anziché sperperare le riserve auree del regno nella costruzione di stadi per il Liddic.
Poveri stolti!
Immediatamente erano stati dichiarati criminali nemici del popolo e fatti assassinare tutti.
O quasi.
Nor il Rosso infatti aveva miseramente fallito e uno di loro, anzi, per la precisione si trattava di un ranger che aveva guidato la delegazione sino al suo cospetto e che era a conoscenza di quanto era accaduto, era inspiegabilmente sopravvissuto.
Il suo fedele braccio sinistro, uno stregone che conosceva molto bene e con cui era cresciuto praticamente assieme, sedeva ora con aria mortificata alla sua destra: in effetti non aveva verificato la morte del ranger il quale, secondo quanto gli era stato appena comunicato, era stato rinvenuto da un sottoposto di un pericoloso vecchietto noto come “L’Autore”.
Il Nuovo Signore Oscuro aveva già sentito parlare di lui, un essere di un’altra dimensione onnipresente e onnisciente che ora rischiava di distruggerlo e mandare in fumo tutti i suoi piani gloriosi. Secondo quanto erano riusciti ad apprendere grazie all’incessante lavoro di numerose spie disseminate qua e là nei vari villaggi del regno, l’Autore aveva organizzato una spedizione composta da tre esseri dotati di poteri e abilità tali da annientarlo.
E questo, per l’appunto, era la loro missione.
Soppesando la situazione, Hanfry decise di adottare una contromisura atta a verificare e sgominare la minaccia rappresentata dai tre. Un incarico delicato e importante per il quale aveva scelto di appoggiarsi ad un altro dei suoi più fidati collaboratori.
«Dub?»
«Si, mio signore?»
«Occupatene tu!»
Il possente omone, impareggiabile in quanto a potenza fisica, sorrise per la fiducia accordatagli. Prima di esser assunto come braccio destro del Nuovo Signore Oscuro, si guadagnava da vivere come attore in un circo itinerante. Ma un tempo era stato anche campione di nuoto e, a modo suo, praticava una sorta di magia. Era l’acqua stessa infatti che, terrorizzata dalla devastante potenza delle sue bracciate disumane, lo spingeva velocemente in avanti: prima arrivava destinazione, prima sarebbero cessati i dolorosi colpi da subire.
Ottenuta carta bianca dal proprio principale, il gigante barbuto si alzò dal tavolo e si diresse verso l’uscita della sala del consiglio con somma soddisfazione del tiranno: apprezzava molto la solerzia con cui il suo fidato braccio destro aveva reagito all’ordine.
«Dub?»
«Si, mio Signore?» rispose l’altro volgendo leggermente all’indietro il capo.
«Vedi di non fallire…»
Hanfry adottò un tono di voce sicuro e fermo cercando di risultare quanto più chiaro possibile con quella velata minaccia: non avrebbe tollerato altri errori.
«Altrimenti?»
Dub lo disse in tono agguerrito, con le mani ai fianchi e lo sguardo truce, facendo valere la propria stazza immane.
Ne seguì un silenzio imbarazzato infine rotto dalla voce del Nuovo Signore Oscuro.
«No, niente. Era per dire…»
«Così va meglio, così va decisamente meglio.»
Una volta messe in chiaro le cose, Dub uscì dalla stanza delle udienze. Si diresse con passo sicuro verso le cucine dove i cuochi della reggia avevano il compito di preparare per lui banchetti prelibati: frittate ottenute con circa una dozzina di uova e mezza forma di formaggio grattugiata sopra, e poi salsicce e fagioli con pomodoro, cipolla e pancetta.
E questo solo come assaggino.
Nella sala del consiglio invece erano seguiti altri momenti di imbarazzante silenzio.
Fu Nor a sciogliere la tensione, parlando per primo.
«Dove si trovano ora i sicari?»
«Nella terra di Raoul!»
Nor rabbrividì pensando alla potenza combattiva del possente Raoul. Ma l’emozione durò lo spazio di istante appena: lo stregone venne infatti colto da un dubbio atroce.
«Ma, intendi quel Raoul?»
«Si, proprio lui» affermò con sicurezza il tiranno.
Di certo il suo interlocutore non avrebbe osato contraddirlo: provava per il Nuovo Signore Oscuro sincera e devota amicizia, ciononostante Nor osò esplicitare la propria perplessità.
«Stiamo parlando del re di Hokuto, vero?»
«No! No! Macchè! Non lui! Io mi riferivo a quell’altro: il re dell’Iscio!»
C’erano il cinquanta percento di possibilità che si trattasse del temibile e sanguinario pluriomicida esperto di arti marziali e il cinquanta che si trattasse di “quell’altro”.
Perché va sempre a finire così ogni volta che ho un dubbio? si domandò mestamente Nor il Rosso.
Se lo chiese ma non ottenne risposta alcuna.
Anche quella volta, con il ranger, il dubbio c’era: non conoscendo alcun incantesimo adatto, aveva anche cercato di fugarlo in modo scientifico.
Testa, il ranger è morto, croce è ancora vivo, si era detto lanciando in aria la monetina.
Purtroppo era notte fonda e quest’ultima gli era sfuggita di mano, andando a perdersi nelle oscure profondità del precipizio sottostante. Così aveva presupposto che fosse uscito testa e che, di conseguenza, la sua missione avesse avuto successo.
E poi doveva recarsi al gabinetto con estrema urgenza, ma quella era un’altra faccenda.
Ma sul conto del ranger si era clamorosamente sbagliato.
Ora sperava solamente che il Re dell’Iscio riuscisse per davvero a rallentare o a catturare il trio di terroristi.
Poi sarebbe subentrato Dub e per i criminali non ci sarebbe stata alcuna speranza.
Il possente energumeno barbuto si stava ancora approvvigionando nelle cucine quando un servitore gli consegnò un dispaccio, una notizia dell’ultim’ora relativa agli spostamenti delle sue prede: il gruppo di sovversivi era costituito da quattro unità, non erano in tre come si riteneva in un primo tempo.
C’era un ranger alla loro guida, un piccolo uomo barbuto di età imprecisata meglio noto come “il Camminatore”.
Un sorriso sadico si dipinse allora sul volto di Dub ancora unto e sporco a causa dei fagioli con pomodoro, cipolla e pancetta:
«Camminatore» promise «Ci incontreremo di nuovo ma questa volta non mi farò sorprendere dai tuoi temibili calci volanti…»
Poi tornò ad ingozzarsi con foga: nessun guerriero combatte mai a stomaco vuoto, dopotutto.

 

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