Spaparanzarsi

Dirottamento di pensieri non autorizzato

 

Spaparanzarsi all’aria aperta, sopra un prato, in un campo.
Meglio ancora in spiaggia o in riva al lago.
Starsene per un poco in ozio, a riposare e osservare il cielo. Lassù, calmo, di un azzurro infinito. Candide nuvole si rincorrono pigre.
Starsene per un poco lontani da tutto, con i propri pensieri e le proprie emozioni, con i propri sogni e i desideri per il futuro.
Deserto, un poco di deserto interiore.
Il sole che riscalda e quella brezza leggera che accarezza la pelle rendendo ancora più piacevole la permanenza in ozio, beatamente spaparanzato al sole mentre la mia mente dirotta ogni pensiero verso me stesso.
Un po’ di sano egoismo.
La necessità di staccare e di allontanarsi da tutto.
Non che obbligatoriamente qualcosa non vada, semplicemente è un volersi ritagliare del tempo per sé.
Come nei film quando, ad esempio, il protagonista se ne va lontano da tutto e da tutti, perduto, in attesa che qualcosa accada, che qualcuno lo trovi…
Non che io stia agendo allo stesso modo.
Manco sono un attore, poi.
Non sono certamente né un Tom Cruise che si arrampica a mani nude da qualche parte in America come in Mission Impossible 2, nemmeno un Hugh Jackman nascosto in una roulotte come in Codice Swordfish. Nemmeno come Michael Madsen in…
Squilla il telefono.
Scusate, dovevo spegnerlo, lo sapevo…
«Sono il tenente colonnello John Mortson. Mi ascolti Jack, la Nazione ha immediato bisogno di lei.»
«Ma io…»
«Lasciami parlare, figliolo. So perché sei fuggito dall’esercito e, credimi, posso capire il tuo stato d’animo. Se si potesse tornare indietro allora potremo rimediare a quanto accaduto. Ma questo non è possibile. Possiamo solo guardare avanti e adoperarci perché il futuro sia migliore del presente che viviamo.»
La sua è una voce decisa, di una persona matura abituata a comandare, a persuadere e convincere.
«Colonnello vede…»
«È per questo che ti ho chiamato,» continuò lui imperterrito «non si tratta di me, di te, ma della nazione intera. L’esercito ha bisogno di te! Jack, ascoltami!»
«Ehm, mi scusi ma…»
«Niente ma, ragazzo! Questa faccenda è d’importanza storica. Epocale! Anche se tu non fai più parte delle forze militari rimani pure sempre Jack Rowbow, uno dei migliori tiratori scelti che si siano mai visti negli ultimi vent’anni! Non è forse così, Jack!»
«Ma io non sono Jack! »
«Come? »
«Non sono Jack “Rowcomediavolosichiama”, mi spiace…»
«Non capisco…»
«Credo lei abbia sbagliato numero, signore. »
«Ma, non è il 3********* ?? »
«No, questo è il 3********* ! »
«Ah, mi scusi allora. Errore mio. Dimentichi pure quanto ho detto sull’attacco terroristico e sull’esplosione della centrale nucleare da cui è fuoriuscita una nube tossica letale…»
«Veramente di questo non aveva parlato…»
«Ah! Meglio così, meglio così. Se ne dimentichi. Buona giornata figliolo!»
Ha rimesso giù.
Capita.
D’altronde, errare è umano.
Ed è per questo che, secondo me, nei film ci sono solo alieni.
Avevo iniziato a parlare di film, scusate, per cui ora continuo fino a che i miei pensieri non saranno dirottati altrove.
Dicevo, nei film l’umanità che compare non è affatto l’umanità terrestre, ma quella di un pianeta analogo e situato nella dimensione “Perfietta”.
Mai un personaggio che balbetti per qualche istante, uno sbadiglio oppure un rutto inopportuno. Mai un cellulare scarico o che non prende…tranne negli horror, avete ragione.
Non sbagliano mai una frase, o nemmeno scordano una parola detta tanto tempo prima.
Niente, si vede mai nulla di tutto questo.
Addirittura c’è chi si può permettere di alzarsi spettinato e, nel giro di qualche fotogramma, trovarsi un’acconciatura che neanche Moira Orfei nei giorni migliori.
Nei film, tutto è così perfetto che verrebbe davvero voglia di andare a trasferirsi in uno di questi. Tranne negli horror, avete ragione.
Anche nelle trame più complesse, dopotutto, ogni cosa si sistema e ogni problema giunge singolarmente o, in caso di più problemi, a ogni personaggio ne spetta uno e uno soltanto.
Certamente non problemi quotidiani come le bollette, la spesa, l’inflazione che sale, l’autobus in ritardo.
Anche i rapporti tra umani sono artefatti e innaturali.
Tutti sanno sempre cosa dire, anche nei momenti di maggior tensione, anche nei momenti disperati o alle prese con la morte dei propri cari.
E nemmeno fanno fatica a instaurare legami quelli lì: sono già belli che pronti, privi di vincoli e di legami.
Manco fossero attori di un film porno! Là, per ovvie esigenze di copione, i preamboli e i dialoghi sono ridotti al minimo. D’altra parte, non è facile parlare in certe circostanze, magari con la bocca impegnata, non so se mi spiego…
E invece, a parlare, ci pensano sempre i cattivoni e gli assassini a cui l’eroe dà a caccia. Ogni volta, ogni dannatissima volta devono spiegare per filo e per segno il loro piano e parlare parlare parlare a vanvera per poi morire come dei babbei.
Perché non scelgono mai cattivoni professionisti, dico io?
Sempre e solo dilettanti con scagnozzi che, se va bene, sono laureati al Cepu.
Ho ancora nel cuore la scena del Gladiatore dove, alla morte di Marco Aurelio, il figlio cerca di far assassinare Russel Crowe: per questo manda i pretoriani a prenderlo perché lo uccidano.
Della sua squadra non è tornato indietro nessuno. Dico io, buon uomo, ti verrà il dubbio che forse qualcosa è andato storto?
In ogni caso, sviste dei cattivoni a parte, gli eroi sono sempre presenti, sempre disposti a tutto pur di salvare il mondo.
E tra l’altro è gente che per lo più ha la licenza media, altro che quel genio di MacGyver!
In ogni caso, alla fine risolvono sempre i problemi che devono affrontare.
Anche quando non si tratta di salvare il mondo, i personaggi dei film riescono a risolvere ogni casino si ritrovano a vivere.
Che si tratti di convivere con una malattia, di affrontare problemi di omosessualità, di droga o alcol, di mogli o mariti infedeli, di problemi economici o depressione, di razzismo e incomprensione, loro ci riescono sempre.
E risolto una volta, torna a splendere il sole!
Ah, chissà che bello se fosse così anche nella vita reale!
Pensateci.
Mai più ri-affrontare i medesimi problemi: soffrire e scontrarsi con gli altri per una questione sarebbe sufficiente una volta sola soltanto.
Mai più, ciclicamente, bollette non pagate o cellulari disattivati a cui è impossibile rintracciare il responsabile.
Mai più baruffe per futili motivi comportamentali.
Mai più padri alcolizzati che rincasano alla notte mentre la moglie attende di sfogare la propria ansia e apprensione e solo il figlio deve mettersi in mezzo a impedire il peggio.
Mai più amore non corrisposti o rifiuti.
Mai più rapporti di lavoro che non vanno: basta mettere le cose in chiaro una volta, basta affrontare il problema una volta soltanto e tutto poi è a posto.
Peccato nella vita non sia sempre così.
Anzi, non lo è quasi mai.
Ma dopotutto, a che pro lamentarsi?
In fondo in fondo molto accade proprio grazie a tutte le incomprensioni che non si risolvono, ai problemi che ritornano e nuovamente ci pongono alla prova.
E poi, a tutto questo, ora non voglio nemmeno pensarci.
La vita è come un mare in costante movimento, eterno moto ondoso che avanza e ritorna. Pazientemente ci porta alla deriva a poi nuovamente sulla spiaggia, ci rende luce e poi acqua, ci frantuma sugli scogli e ci lascia ad evaporare.
Diverremo nuvole, sospese lassù nel cielo, per poi ricadere in un giorno di pioggia, magari durante un acquazzone estivo.
Ma in ogni caso siamo qui, sia che ci muoviamo freneticamente inseguendo soluzioni per i problemi che quotidianamente ci fanno apprezzare e odiare la vita, sia che invece ce ne stiamo beatamente in ozio, spaparanzati al sole a lasciare la mente vagare, distanti da tutto e da tutti.
Per un poco, in pace.
Squilla di nuovo il telefono.
Scusate…
Dovevo spegnerlo, lo sapevo…
«Salve, figliolo. Sono ancora il tenente colonnello John Mortson.»
«Quello di prima?»
«Esattamente. Senti…non riesco a rintracciare Jack. Per cui, ecco, mi chiedevo, non è che ti andrebbe di arruolarti per una missione semplice semplice…?»

 

Data di creazione : 27 agosto 2006

Ultima modifica : 29 dicembre 2022

 

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